L’acuirsi delle violenze in Burkina Faso ha costretto ad abbandonare le proprie case oltre un milione di persone, 453.000 dall’inizio dell’anno, secondo i dati pubblicati lunedì notte dalle autorità nazionali.
Il cinque per cento dell’intera popolazione del Paese –un rapporto sbalorditivo di 1 ogni 20 persone – è attualmente sfollato a causa di una crisi umanitaria e di protezione il cui ritmo di espansione è il più rapido al mondo. Attacchi condotti da gruppi armati nelle aree settentrionali e orientali del Paese hanno costretto la popolazione a fuggire in più occasioni e sono destinati a far salire ancora di più queste cifre.
La maggior parte degli sfollati ha abbandonato le regioni settentrionali e orientali del Paese, spesso costretti alla fuga più di una volta. Le due regioni del Centro-Nord e del Sahel accolgono circa il 76 per cento di tutti gli sfollati interni.
Le capacità di accoglienza delle popolazioni locali sono sottoposte a enorme pressione, dal momento che condividono le scarse risorse a propria disposizione affrontando allo stesso tempo povertà, servizi sanitari inadeguati e mezzi di sostentamento rapidamente in via di esaurimento. Per quanti sono fuggiti da guerre e persecuzioni e per le comunità che li accolgono, l’impatto ulteriore del COVID-19 è devastante.
Queste persone hanno disperato bisogno di alloggio, cibo, acqua, servizi di protezione e assistenza sanitaria. Anche l’istruzione continua a costituire una priorità, considerato che oltre 2.500 scuole sono state costrette a chiudere in seguito ad attacchi danneggiando i percorsi scolastici di quasi 350.000 studenti.
Malgrado la necessità di far fronte a una crisi di sfollati di proporzioni senza precedenti, il Burkina Faso accoglie con generosità rifugiati maliani dal 2012. Anche i quasi 20.000 rifugiati ancora presenti in Burkina Faso si trovano a dover fronteggiare una situazione segnata dall’assenza di sicurezza. All’inizio dell’anno, in seguito ad attacchi e ultimatum intimati da gruppi armati, il campo di Goudoubo, che fino ad allora accoglieva 9.000 rifugiati, si è di fatto svuotato dal momento in cui sono fuggiti per mettersi in salvo altrove.
Anche a Mentao, l’altro campo rifugiati, le condizioni di vita sono andate peggiorando, con episodi di violenza che vi hanno seriamente limitato l’accesso. La maggior parte dei 6.000 rifugiati che vi risiedevano è stata costretta a trasferirsi presso la vicina città di Djibo. In collaborazione con le autorità, l’UNHCR sta preparando il loro trasferimento presso un luogo più sicuro, dove assistenza e accesso ai servizi di base possano essere garantiti.
In risposta alla crisi umanitaria e di protezione nel Sahel, a giugno l’UNHCR ha lanciato un appello da 186 milioni di dollari al fine di garantire principalmente protezione e assistenza salvavita a rifugiati, sfollati interni, persone di ritorno a casa e comunità di accoglienza nella regione del Sahel centrale, che comprende Burkina Faso, Mali e Niger.
Grazie ai fondi attualmente disponibili, che rappresentano il 53% di quelli chiesti dall’appello, l’UNHCR sta fornendo ulteriori beni di prima necessità e alloggi, al fine di decongestionare i siti maggiormente sovraffollati. Il personale dell’Agenzia sta lavorando, inoltre, per prevenire e rispondere ai casi di violenza sessuale e di genere, ampiamente diffusa e aggravata dall’imposizione delle misure di confinamento e dal sovraffollamento. L’Agenzia, infine, sta ristrutturando scuole e aule e mettendo a disposizione opportunità di apprendimento a distanza.
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