Questo è un riassunto di ciò che è stato detto da Joung-ah Ghedini-Williams, responsabile delle comunicazioni globali dell’UNHCR – a cui il testo citato può essere attribuito – durante il briefing stampa di oggi al Palazzo delle Nazioni di Ginevra.
L’UNHCR, l’Agenzia ONU per i Rifugiati, fa urgentemente appello alla comunità internazionale perché sostenga e condivida lo sforzo compiuto dall’Uganda nella sua politica modello sui rifugiati, fatta di inclusione sociale e integrazione, nelle attuali condizioni di acuita necessità e taglio drastico dei finanziamenti ai programmi umanitari globali, e con nuovi arrivi di persone in fuga nel paese.
Durante un viaggio in Uganda tra il 21 e il 26 novembre ho visitato gli insediamenti di Kyaka II e Rwamwanja, nei distretti di Kyegegwa e Kamwenge nella Regione Occidentale del paese. Sono rimasta colpita dal fatto che questi insediamenti sono indistinguibili dalle comunità ospitanti. I figli dei rifugiati frequentano le scuole insieme ai bambini ugandesi, le strutture sanitarie si occupano sia dei rifugiati che delle comunità ospitanti e diversi servizi idrici distrettuali sono diventati servizi nazionali. Le comunità ugandese e dei rifugiati lavorano insieme per l’autosufficienza.
Tuttavia, i servizi e i sistemi sono al limite delle loro capacità. L’Uganda ospitava già oltre 1,5 milioni di rifugiati all’inizio del 2022, numero che lo rendeva uno dei principali paesi di accoglienza del mondo e il più grande del continente africano. Quest’anno 130.000 rifugiati sono fuggiti in Uganda dalle violenze continue nella Repubblica Democratica del Congo (DRC) e nel Sud Sudan, sottoponendo così a un’ulteriore pressione un sistema di accoglienza umanitaria già al limite.
Nel Bujubuli Health Center di Kyaka II ho parlato con operatori sanitari che visitavano fino a 80 pazienti al giorno, in strutture così affollate che alcuni pazienti dormivano per terra. Il centro pediatrico era pieno di bambini ammalati di patologie curabili. È particolarmente grave che durante un focolaio del virus letale dell’Ebola l’UNHCR non disponga dei fondi sufficienti a fornire il sapone a tutte le famiglie di rifugiati, oppure a equipaggiare in modo completo i centri sanitari che forniscono servizi di base.
Le scuole cercano di funzionare oltre la loro capienza massima. Alla Rwamwanja Primary School, insegnanti ugandesi e congolesi lavorano in doppi turni per fornire lezioni e sostegno a quasi 4000 studenti delle comunità dei rifugiati e delle comunità ospitanti. Mentre lo standard del paese prevede 50 alunni per ogni educatore, alla Rwamwanja Primary c’è una media di 200 alunni per classe. Non ci sono bagni, banchi, libri e nemmeno aule in numero sufficiente: alcuni studenti seguono le lezioni sotto tende di plastica bucate.
Con l’aumento della povertà sono aumentati anche i rischi di violenza di genere, come per esempio i matrimoni precoci e gli abusi all’interno delle coppie. Ho sentito racconti di prima mano sia da attivisti contro la violenza di genere che da persone sopravvissute agli abusi, che spiegavano come la violenza sia legata strettamente alla disponibilità di assistenza umanitaria e di denaro contante. La situazione è di particolare rilievo in concomitanza con i 16 giorni di attivismo contro la violenza di genere. Ci sono segnali di speranza e di progresso, nonostante tutte queste sfide. A Rwamwanja, ho conosciuto una cooperativa di produttori di riso, formata da agricoltori ugandesi e congolesi: 242 membri, metà donne e metà uomini. Lavorando fianco a fianco hanno creato un modello di impresa sostenibile, di grande impatto e ambizione. Mettendo insieme terreni, sementi, capacità e raccolti hanno costruito un mercato e una domanda stabile per il loro riso. Con un investimento iniziale di quattro tonnellate di sementi prevedono per la fine di gennaio un raccolto di 276 tonnellate di riso.
Questi progressi significativi nell’autosufficienza e nell’inclusione economica dei rifugiati devono essere rafforzati attraverso il sostegno della comunità internazionale, compreso il finanziamento delle organizzazioni umanitarie quali l’UNHCR.
A livello globale, la carenza di fondi ha costretto l’UNHCR a effettuare dei tagli agli aiuti salvavita per i rifugiati e per gli sfollati interni in molte operazioni in tutto il mondo. L’Uganda rappresenta una delle operazioni più sottofinanziate dell’UNHCR, con solo il 46% dei fondi ricevuti, a fronte di una richiesta di 343,4 milioni di dollari per il 2022.
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