A un anno dalla Dichiarazione di New York su rifugiati e migranti, in cui tutti i 193 Stati membri delle Nazioni Unite hanno assunto lo storico impegno di arrivare a una più equa condivisione delle responsabilità relativa ai rifugiati nel mondo, in diversi Paesi sono in atto importanti cambiamenti nella normativa, nelle politiche e nelle azioni di risposta in materia di asilo.
Un elemento chiave della Dichiarazione è stata la definizione di un approccio nuovo, seppur graduale, nell’affrontare la situazione dei rifugiati che ha preso il nome di Quadro di Risposta Complessiva sui Rifugiati (CRRF). Il CRRF costituisce un importante strumento in quanto riflette le più recenti considerazioni sulla gestione di tali situazioni e si basa su anni di esperienza. Mira a rafforzare l’autosufficienza e l’inclusione dei rifugiati, a fornire loro maggiori possibilità di trovare una soluzione alle proprie difficoltà e ad alleviare la pressione che grava sui paesi ospitanti. Più in generale, il CRRF intende promuovere, a livello internazionale, azioni di risposta più prevedibili e di più ampio respiro, in grado di coinvolgere un maggior numero di attori rispetto al passato. Il Quadro ha già trovato applicazione in 11 paesi dell’Africa e delle Americhe, sia a livello nazionale che regionale.
Le iniziative connesse a tale strumento comprendono:
Riforme legali e politiche
Lo scorso gennaio, in Gibuti è stata approvata una nuova legge nazionale sui rifugiati, la cui piena attuazione consentirà a migliaia di persone di ottenere documenti identificativi ufficiali, di ricevere un più agevole accesso all’istruzione e alle cure mediche e di individuare percorsi migliori per diventare autosufficienti. Tale normativa significherà un radicale miglioramento delle condizioni di vita per circa 27.600 rifugiati attualmente residenti nei tre campi profughi del paese, in quanto garantirà loro il diritto al lavoro, l’accesso al sistema giudiziario, a un’istruzione di qualità e il diritto alla naturalizzazione; a sua volta ciò aumenterà notevolmente le opportunità di un futuro migliore.
In Etiopia, a fine settembre i figli dei rifugiati otterranno per la prima volta un certificato di nascita nell’ambito di un nuovo Decreto in materia di registrazione ed eventi di stato civile. Grazie al nuovo Decreto complessivo sui rifugiati, attualmente in fase di revisione da parte del governo, decine di migliaia di rifugiati potranno beneficiare di permessi di lavoro, potendo così guadagnare e contribuire all’economia locale. Circa 75.000 rifugiati di tutte le nazionalità potrebbero inoltre spostarsi liberamente e vivere nei centri urbani nell’ambito di una politica ampliata tesa a far uscire i rifugiati dai campi.
Promuovere la cooperazione regionale
Il CRRF promuove la cooperazione regionale tra i paesi colpiti dalla crisi dei rifugiati somali, nell’intento di cambiare il discorso politico sui rifugiati, spostando l’attenzione dai concetti di “minaccia” e “oneri” all’idea che il raggiungimento dell’autosufficienza da parte dei rifugiati può essere positivo anche alle comunità ospitanti.
Lo scorso marzo, sotto gli auspici dell’Autorità Intergovernativa per lo Sviluppo (IGAD), i leader di cinque paesi, che da quasi 30 anni sono al centro della crisi dei rifugiati somali, si sono impegnati per la prima volta a trovare soluzioni a lungo termine per circa 900.000 rifugiati somali residenti nella regione e oltre un milione di sfollati all’interno del loro paese. Nella Dichiarazione di Nairobi, anche Gibuti, Uganda, Etiopia, Kenya e Somalia hanno riconfermato il proprio impegno a salvaguardare lo spazio d’asilo per i nuovi rifugiati somali, continuando, ad esempio, ad accogliere chi fugge a causa dell’insicurezza e della fame e impegnandosi a riesaminare la normativa nazionale sui rifugiati di ogni Paese, comprese le politiche per consentire ai rifugiati di guadagnarsi da vivere e di contribuire alle economie locali.
Una maggiore cooperazione regionale sta inoltre favorendo lo sviluppo all’interno della Somalia, contribuendo a promuovere condizioni sostenibili per i rifugiati che intendono rimpatriare. Nel mese di agosto, a Mogadiscio, per la prima volta in tre decenni, si è tenuto un forum diretto dal governo somalo sui rimpatri e la reintegrazione, che ha portato a un progetto di politica nazionale e a un piano d’azione per i rifugiati somali, i rimpatriati e gli sfollati interni.
In America Centrale e in Messico, il Quadro Complessivo Regionale sulla Protezione e il Raggiungimento di Soluzioni (CRPSF) – una versione regionale del CRRF – si basa sui meccanismi di condivisione delle responsabilità esistenti a livello regionale e mira ad affrontare le cause fondamentali degli spostamenti forzati e a consolidare la protezione e le soluzioni per le persone colpite. Costa Rica, El Salvador, Guatemala, Honduras, Panama e Messico stanno considerando come rafforzare l’identificazione e la protezione dei rifugiati, degli sfollati interni e dei deportati con esigenze di protezione, come migliorare l’accesso a opportunità e servizi di sussistenza e come rafforzare i sistemi nazionali di accoglienza e di asilo. Sono in fase di preparazione piani d’azione nazionali che, insieme agli impegni dei donatori e degli Stati che collaborano, andranno a costituire il CRPSF che sarà formalmente adottato durante una conferenza regionale nelle Honduras il 26-27 ottobre 2017.
Sostegno ai paesi ospitanti
L’importanza di dare un forte sostegno ai paesi che ospitano i rifugiati, alcuni dei quali sono tra i più poveri del mondo, è un principio chiave della Dichiarazione di New York. Nel dicembre dello scorso anno la Banca Mondiale ha approvato lo stanziamento di 2 miliardi di dollari nell’ambito dell’IDA-18, per fornire ai paesi ospitanti a basso reddito sovvenzioni e prestiti per attività di sviluppo, come la costruzione di strade, che gioveranno tanto ai rifugiati quanto alle comunità che li accolgono. Anche altre Agenzie per lo sviluppo, come l’Agenzia per la Cooperazione e per lo Sviluppo Internazionale (DEVCO) e l’Agenzia Giapponese per la Cooperazione Internazionale (JICA), stanno consolidando il proprio il sostegno ai paesi ospitanti affinché possano includere i rifugiati nei piani nazionali di sviluppo.
Eppure, malgrado questi sviluppi positivi, il sostegno internazionale ai paesi ospitanti è ancora deplorevolmente inadeguato. L’Uganda, che in materia di rifugiati ha già in atto modelli legislativi e politiche che garantiscono l’accesso ai servizi nazionali nel settore dell’istruzione e della sanità, il diritto al lavoro, la gestione di un’impresa e l’opportunità di coltivare terreni agricoli, ha fornito un’accoglienza generosa a oltre un milione di rifugiati del Sud Sudan. Ma nonostante il Vertice di solidarietà tenutosi a giugno, manca ancora un sostegno concreto adeguato e solo il 34% degli interventi attuati nel 2017 sono stati finanziati. Ciò ha ridotto la capacità di fornire aiuti necessari alla sussistenza e servizi di base e ha ostacolato la transizione verso una risposta più globale e sostenibile come previsto nel CRRF.
Le aspirazioni della Dichiarazione di New York per ottenere una risposta più prevedibile e sostenibile alle situazioni dei rifugiati in cui le comunità ospitanti vengano adeguatamente sostenute e i rifugiati possano prosperare, partecipare e contribuire, non potranno concretizzarsi se gli impegni assunti non saranno accompagnati da un sostegno e da azioni concrete.
La Dichiarazione di New York sui rifugiati e i migranti è stata adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 19 settembre 2016 e ha affidato all’UNHCR il compito di attuare un Quadro di Risposta Complessiva sui Rifugiati (CRRF), figurante nell’allegato 1, in situazioni di massicci spostanti di persone.
Il CRRF viene ora formalmente applicato (a livello nazionale o regionale) a Gibuti, Etiopia, Somalia, Tanzania, Uganda, Costa Rica, El Salvador, Guatemala, Honduras, Messico e Panama.
Per ulteriori informazioni:
http://www.unhcr.org/comprehensive-refugee-response-framework-crrf.html
http://www.unhcr.org/towards-a-global-compact-on-refugees.html
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