Il numero di civili sfollati a causa della violenza nella difficile provincia di Anbar, in Iraq, continua a salire. Inoltre, a causa del deteriorarsi delle condizioni di sicurezza, sta diventando più difficile per gli operatori umanitari raggiungere le persone bisognose. Ad oggi, secondo quanto sostenuto dal governo iracheno, sono 434mila gli uomini, le donne e i minori che hanno abbandonato le proprie case a seguito dell’intensificarsi dei combattimenti nel gennaio di quest’anno.
La vera portata dell’esodo causato da questo conflitto, non adeguatamente documentato, è tuttavia sconosciuta in quanto il mese scorso le autorità irachene hanno dovuto sospendere le registrazioni a causa della situazione di insicurezza. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ritiene che l’attuale cifra si aggiri intorno a 480mila.
La nuova crisi legata alle migrazioni forzate in Iraq è iniziata nel mese di gennaio con i combattimenti tra forze governative e ribelli nella provincia orientale di Anbar. È proseguita a fasi alterne, in base agli spostamenti delle zone di combattimento all’interno del governatorato. Il mese scorso si è verificato un ulteriore esodo, dopo che i combattenti hanno deliberatamente provocato la rottura di una diga nel distretto di Abu Ghraib, nella provincia di Anbar, inondando la zona e costringendo circa 72mila iracheni ad abbandonare la propria casa. Ora che le acque si stanno ritirando e le persone stanno rientrando nelle proprie abitazioni, si teme per la loro salute e la loro ripresa. L’accesso all’acqua potabile è fonte di crescente preoccupazione in quanto l’inondazione ha danneggiato gli impianti di depurazione.
A quanto riferito dai funzionari locali, 28 camion cisterna di acqua potabile giungono ogni giorno nella zona, ma questo basta a coprire solo il 50% per cento del fabbisogno. Si teme anche per altri voli civili provenienti dalla città di Fallujah, dove i recenti bombardamenti hanno provocato nuovi sfollamenti e hanno colpito un ospedale e un impianto idrico, rendendo più complicata la vita e il futuro processo di ripresa. Le nostre squadre sul campo riferiscono che molti sfollati, sparsi su tutto il territorio iracheno, lottano in condizioni disperate per affrontare la situazione. Sono concentrati in particolare nei governatorati di Anbar e di Salah al-Din, a cui fanno seguito Erbil, Kirkuk, Sulaymaniyah e Baghdad.
I più fortunati vivono con amici e parenti, ma altri sono in tende, scuole, edifici incompleti e altri rifugi della comunità. Nel solo governatorato di Anbar, dove ci sono circa 300mila sfollati, più di due terzi vivono attualmente nelle scuole. Queste persone ci riferiscono che le soluzioni abitative sono limitate e sempre più costose. La maggior parte di loro non ha reddito e incorre in debiti per far fronte ai bisogni essenziali. Priorità assoluta, affermano le famiglie, è l’accesso alla casa e al cibo.
L’UNHCR ha distribuito a più di 48mila persone (8.200 famiglie) kit di emergenza contenenti sapone, spazzolini da denti, dentifricio e altro e ha fornito aiuti in denaro a 3.000 delle persone più vulnerabili (500 famiglie), ma questo rappresenta solo una parte di ciò che è necessario. A breve, inizieranno i lavori di restauro di alcuni dei rifugi e verranno affisse porte e finestre negli edifici abbandonati dove la gente vive. Queste persone ci riferiscono che le soluzioni abitative sono limitate e sempre più costose.
La maggior parte di loro non ha reddito e incorre in debiti per far fronte ai bisogni essenziali. Priorità assoluta, affermano le famiglie, è l’accesso alla casa e al cibo. L’UNHCR ha distribuito a più di 48mila persone (8.200 famiglie) kit di emergenza contenenti sapone, spazzolini da denti, dentifricio e altro e ha fornito aiuti in denaro a 3.000 delle persone più vulnerabili (500 famiglie), ma questo rappresenta solo una parte di ciò che è necessario. A breve, inizieranno i lavori di restauro di alcuni dei rifugi e verranno affisse porte e finestre negli edifici abbandonati dove la gente vive.
L’UNHCR ha urgente bisogno di potenziare la propria risposta, che è difficile per tre motivi. Il peggioramento delle condizioni di sicurezza ad Anbar ostacola l’accesso alle persone in difficoltà; gli sfollati sono sparsi su gran parte del territorio nazionale e il sostegno dei donatori è carente. L’Appello Speciale fatto dall’UNHCR nel mese di marzo e finalizzato alla raccolta di 26,4 milioni di USD è valso a ottenerne, al momento, solo il 12%. È essenziale poter disporre di più fondi per aiutare gli sfollati ora e in futuro, quando faranno ritorno alle proprie case.
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