L’UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati, avverte oggi che centinaia di migliaia di sfollati interni yemeniti sono esposti a un rischio più elevato di insicurezza alimentare, data la perdita dei mezzi di sussistenza causata dell’effetto combinato di violenze incessanti e pandemia di COVID-19.
L’UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati, avverte oggi che centinaia di migliaia di sfollati interni yemeniti sono esposti a un rischio più elevato di insicurezza alimentare, data la perdita dei mezzi di sussistenza causata dell’effetto combinato di violenze incessanti e pandemia di COVID-19.
Secondo l’ultimo sondaggio sulla sicurezza alimentare realizzato dalle Nazioni Unite in Yemen, l’insicurezza alimentare è prevalente nelle aree di conflitto, nelle quali vive la metà dei quattro milioni di sfollati interni di tutto il Paese. Questi si trovano all’interno e nei dintorni dei 16 distretti più duramente colpiti da insicurezza alimentare acuta, nei governatorati di Marib, Al Bayda, Abyan, Taizz, Hadramautand e Al Jawf, e sono sempre più esposti al rischio di vivere in condizioni simili a quelle comportate da una carestia.
Quasi il 40 per cento delle famiglie sfollate più vulnerabili dichiara di non aver accesso a forme di reddito e il 37 per cento che, da prima, era stato costretto a ridurre il consumo di cibo.
L’UNHCR esprime particolare preoccupazione in merito all’impatto sulle persone più vulnerabili tra gli sfollati interni. Oggi, una famiglia sfollata su quattro è sostentata da una donna o da una ragazza, di cui una ogni cinque è di età inferiore ai 18 anni.
Le donne sono colpite in modo sproporzionato, in un Paese in cui le norme socioculturali spesso ne riducono l’accesso al mercato del lavoro. Numerose donne sfollate interne, comprese donne sole o vedove, riferiscono di sentirsi escluse dagli aiuti umanitari in Yemen a causa di ostacoli culturali e sociali che ne limitano la possibilità di uscire per sostentare le proprie famiglie. Per molte di loro, conflitti, esodi e assenza di parità di genere non fanno altro che aggravare le privazioni e le difficoltà a cui fanno fronte.
L’inflazione dilagante e le scarse opportunità di sostentamento hanno portato le famiglie e non potersi più permettere il consumo di pasti essenziali. Pur di avere cibo a tavola, numerose famiglie sfollate stanno svendendo i propri effetti personali, ritirando i figli da scuola per mandarli a lavorare, chiedendo l’elemosina per strada o consumando un solo pasto al giorno.
Il personale dell’UNHCR registra che, spesso, un pasto giornaliero è costituito esclusivamente da una ciotola di riso o da una tazza di tè accompagnata da una fetta di pane. Le strategie di sopravvivenza, come quella di limitare le porzioni, sono adottate prevalentemente tra gli sfollati. Si stima che su cinque famiglie sfollate sostentate da donne o ragazze quattro siano ora costrette a ricorrere a tali misure.
Nelle famiglie sfollate, i genitori sono costretti a prendere decisioni difficili tra quella di assicurare cibo ai propri cari e quella di proteggerli da malattie trasmissibili, come colera e nuovo coronavirus.
L’UNHCR, malgrado l’attuale carenza di fondi, in vista dell’inverno sta intensificando le attività di supporto alle famiglie sfollate e alle comunità che le accolgono in Yemen mediante aiuti diretti in denaro contante. Finora, quest’anno, l’Agenzia ha erogato aiuti in contanti a oltre 900.000 yemeniti sfollati.
I dati in possesso dell’UNHCR mostrano come quasi tutti i nuclei familiari supportati, circa il 97 per cento, abbiano utilizzato gli aiuti anche per acquistare cibo. Gli sforzi profusi dall’Agenzia necessitano di sostegno internazionale continuo per poter assicurare assistenza agli yemeniti sfollati maggiormente a rischio.
Sei anni di conflitto hanno portato i civili a subire conseguenze brutali, costringendo alla fuga uno yemenita su otto. È necessario agire ora per proteggerli da fame e carestia.
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