La nota seguente è una sintesi delle dichiarazioni rilasciate da Olga Sarrado Mur – alla quale si attribuiscono le citazioni riportate nel testo – durante il briefing alla stampa tenutosi oggi al Palazzo delle Nazioni di Ginevra.
Nelle ultime settimane, oltre 60.000 somali, principalmente donne e minori, hanno fatto ingresso nella Regione dei Somali, in Etiopia, in fuga dall’insicurezza e dagli scontri in corso nella città di Las Anod, nella Regione di Sool. Più della metà è arrivata a inizio settimana.
Esausti e traumatizzati, sono arrivati con i pochi averi che hanno potuto portare con sé. Le donne hanno riferito al personale dell’UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati, di aver dovuto vendere i propri effetti personali per pagare il trasporto e potersi mettere in salvo. Molte di loro hanno perso i propri cari nel corso dei combattimenti o ne sono rimaste separate durante la fuga.
Alcune famiglie si sono insediate temporaneamente in più di 13 siti nei pressi delle città di Bokh, Gal-hamur e Danot, zona di Dolo, nella Regione dei Somali, in Etiopia. Pur vivendo in un’area estremamente remota in cui la presenza di agenzie umanitarie è limitata, le comunità locali hanno accolto i rifugiati con generosità, condividendo le risorse a propria disposizione. Risorse ora in via di rapido esaurimento, dal momento che, ogni giorno, circa 1.000 persone continuano a fare ingresso in Etiopia.
I rifugiati sono accolti in alcune delle aree del Paese in cui le risorse sono già limitate, aree duramente colpite dalla siccità e dall’impatto del cambiamento climatico, vista l’assenza di cinque stagioni delle piogge consecutive.
Considerate le poche opzioni disponibili, molte famiglie rifugiate in arrivo hanno trovato riparo in scuole e altri edifici pubblici, mentre altre non hanno avuto altra scelta che dormire all’aperto. Molte necessitano con urgenza di cibo e sostegno nutrizionale, acqua potabile e servizi igienico-sanitari, nonché assistenza specializzata per persone portatrici di esigenze particolari.
In risposta a questo afflusso improvviso, l’UNHCR sta lavorando con i Servizi del governo etiope per rifugiati e persone rientrate nel paese (Refugees and Returnees Services/RRS), le autorità regionali, le altre agenzie ONU e le ONG partner, per allestire centri di accoglienza temporanei e assicurare prontamente aiuti vitali. L’Agenzia ha già distribuito beni di prima necessità, tra i quali coperte, taniche, secchi, set da cucina, teli impermeabili e zanzariere, a oltre 1.000 famiglie vulnerabili, e nei prossimi giorni farà altrettanto per altre 9.000 famiglie.
All’arrivo, prima di essere trasferiti presso le comunità circostanti o centri designati, i rifugiati sono sottoposti a screening medici e ad una prima procedura di registrazione. La registrazione formale si terrà in una fase successiva e fornirà dati demografici più accurati.
Da inizio febbraio, sono state più di 185.000 le persone costrette a fuggire da Las Anod e dalle aree circostanti rimanendo sfollate all’interno della Somalia. Secondo le autorità locali, una parte di famiglie sfollate si è insediata presso 66 siti nel Somaliland, mentre altre hanno fatto ingresso nel Puntland, nella Somalia settentrionale, e in altri villaggi al confine con l’Etiopia.
Nell’ambito delle attività di risposta iniziali alla situazione degli sfollati interni, l’UNHCR distribuirà mediante i partner beni di prima necessità a 3.000 famiglie in località mirate e aiuti in contanti a beneficio di 42.000 persone per un periodo di tre mesi, una volta che la situazione, sul piano della sicurezza, consentirà di accedere all’area.
L’UNHCR rivolge un appello a tutte le parti coinvolte affinché rispettino l’incolumità dei civili e assicurino ulteriori finanziamenti che permettano di rispondere alle esigenze delle persone che sono state costrette alla fuga.
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