L’Altro Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) sta collaborando con organizzazioni partner nell’Uganda occidentale per fornire assistenza ad un numero crescente di persone, la maggior parte delle quali sono donne e bambini, costrette a fuggire da terribili situazioni di violenze inter-etniche e abusi sessuali nella Repubblica Democratica del Congo (RDC).
Dall’inizio di quest’anno sono oltre 57.000 i rifugiati costretti a fuggire a causa delle violenze nella RDC orientale, una stragrande maggioranza dei quali (circa il 77,5%) sono donne e bambini.
Nell’arco di soli tre giorni, tra il 10 e il 13 marzo, oltre 4.000 persone provenienti dalle province dell’Ituri e del Nord Kivu sono entrate in Uganda. Sono numeri che vanno considerati su scala più ampia rispetto al 2017, quando furono circa 44.000 le persone in fuga nel corso dell’intero anno. L’UNHCR teme che altre migliaia di rifugiati possano arrivare in Uganda se il clima di sicurezza nella RDC tarderà a migliorare.
La maggior parte delle persone continua ad arrivare in Uganda partendo da Ituri e attraversando il lago Albert a bordo di imbarcazioni di fortuna e pericolose, un viaggio che è già costato la vita a numerosi rifugiati. La situazione è diventata ancora più pericolosa negli ultimi giorni a causa del maltempo. Altri invece arrivano a piedi nei pressi dei villaggi di Kisoro e Ntoroko.
Molti dei nuovi arrivati sono profondamente traumatizzati a causa delle violenze subite. Molti altri sono esausti, affamati, assetati, malati e sono fuggiti senza portarsi nulla o poche cose.
Se da un lato la mancanza di accesso a questa parte della Repubblica Democratica del Congo rende difficile ottenere un quadro dettagliato della situazione, dall’altro l’UNHCR ha ricevuto terribili resoconti delle violenze perpetrate, riguardanti episodi di stupri, omicidi e separazione dai familiari.
Tali violenze sono dovute al deteriorarsi delle condizioni di sicurezza, ai conflitti interni e alle tensioni tra le comunità. Secondo le informazioni disponibili, gruppi di uomini armati attaccano i villaggi, saccheggiano e incendiano le case, uccidono indiscriminatamente la popolazione civile e rapiscono giovani uomini e ragazzi. Si moltiplicano le notizie che indicano come le violenze stiano assumendo contorni etnici, con attacchi di rappresaglia perpetrati da gruppi tribali.
Dozzine di rifugiati hanno riferito agli operatori dell’UNHCR in Uganda delle violenze sessuali e delle aggressioni subite nella RDC. La stragrande maggioranza dei sopravvissuti sono donne e ragazze, e in numero minore uomini e ragazzi.
Questi rapporti allarmanti hanno portato l’UNHCR e i partner a rafforzare i sistemi esistenti per identificare e sostenere le vittime di violenza sessuale e di genere.
L’UNHCR ha impiegato personale e risorse aggiuntive significative per identificare le vittime e intensificare il proprio sostegno. Questo ha comportato il potenziamento dello screening medico nei luoghi di sbarco sulle sponde del lago Albert e lo screening SGBV (per violenze sessuali e di genere) presso i centri di accoglienza, e la creazione di spazi separati in base al genere.
Grazie alla collaborazione con i propri partner, l’UNHCR ha potuto utilizzare personale aggiuntivo specializzato nel fornire assistenza psico-sociale ai rifugiati che hanno subito violenza di genere e sessuale e condurre altre attività di sensibilizzazione con leader e reti comunitarie affinché i rifugiati siano pienamente informati dei servizi a loro disposizione.
L’UNHCR sta inoltre collaborando con i partner umanitari per salvare vite umane dopo che un’epidemia di colera ha ucciso almeno 32 rifugiati. Dallo scoppio dell’epidemia a febbraio il numero di casi segnalati è significativamente diminuito da 668 a 160.
L’appello a finanziare il Piano di risposta per l’Uganda, che ammonterebbe a circa 180 milioni di dollari USA, è stato per lo più inascoltato e questo limita molto la capacità delle organizzazioni umanitarie di fornire aiuti e assistenza di base. Dei 118,3 milioni di dollari USA richiesti dall’UNHCR in occasione dell’appello lanciato, solo il 3% è stato ricevuto ad oggi. I bisogni umanitari rimangono elevati, compresi cibo, acqua, una sistemazione e l’assistenza sanitaria.
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