L’UNHCR, l’Agenzia ONU per i Rifugiati, è preoccupata dall’escalation del conflitto armato nella regione dell’Alto Nilo in Sud Sudan, che ha già costretto alla fuga almeno 20.000 persone da agosto; alcune di loro sono già state costrette a fuggire quattro volte. Almeno 3.000 persone si sono già rifugiate nel vicino Sudan, aggravando così la crisi umanitaria dei rifugiati in Sudan, la più vasta di tutta l’Africa.
Il conflitto armato è scoppiato nel villaggio di Tonga, nell’Alto Nilo, il 15 agosto 2022. Le violenze si sono allargate in tutta la regione dell’Alto Nilo, nelle zone settentrionali degli stati di Jonglei e Unity. Al momento si sta allargando alla contea di Fashoda nell’Alto Nilo e minaccia la città di Kodok.
“La disperazione aumenta e sempre più persone fuggono da un conflitto che si sta intensificando”, ha detto il Rappresentante dell’UNHCR per il Sud Sudan, Arafat Jamal. “I civili sono sotto attacco in questo conflitto spietato; dobbiamo garantire la loro protezione”.
La maggioranza degli sfollati è costituita da donne, bambini e altre categorie di persone a rischio. Persone anziane o con disabilità, impossibilitate a fuggire, sono state costrette a nascondersi nella boscaglia e lungo il Nilo Bianco durante gli attacchi. I civili in fuga sono visibilmente traumatizzati e denunciano uccisioni, ferimenti, violenza di genere, rapimenti, estorsioni, saccheggi e incendi delle loro proprietà. Molti hanno perso la casa e sono stati separati dalle loro famiglie.
Il mese scorso Jamal ha condotto la prima visita inter-agenzia al villaggio di Adidiang da quando è stato attaccato il 7 settembre. 4.000 civili che vi avevano trovato rifugio sono stati costretti a fuggire a Malakal, che ospita un campo per sfollati sotto la protezione della Missione delle Nazioni Unite in Sud Sudan (UNMISS). Il sito è stato istituito quasi dieci anni fa per ospitare fino a 12.000 sfollati interni, ma al momento i residenti sono 37.000; era già sovraffollato prima degli ultimi arrivi.
I sopravvissuti all’attacco di Adidiang hanno raccontato di decine di morti e feriti, e di persone annegate nel fiume mentre cercavano di sfuggire alle violenze. Domenica scorsa l’UNHCR ha guidato una ulteriore missione inter-agenzia a Diel, nel Jonglei.
“Sia a Adidiang che a Diel abbiamo visto le conseguenze di violenze gravissime”, ha detto Jamal. “È stato spaventoso vedere una chiara intenzionalità nel colpire i civili e le loro case”.
A Diel, nel Jonglei settentrionale, alcuni sfollati stanno tornando nei villaggi e nelle case bruciate. La loro situazione è disperata. Alcuni mangiano piante selvatiche per sopravvivere.
L’UNHCR, insieme alle Nazioni Unite e alle ONG partner, sta aumentando gradualmente la sua risposta per fornire sostegno vitale ai più vulnerabili anche nelle zone più impervie, con alloggi, beni di soccorso, servizi di protezione, denaro contante e altre forme di assistenza. Con l’aiuto di barche per migliorare la capacità di risposta mobile, l’UNHCR può raggiungere più velocemente e facilmente le persone colpite, anche nelle zone più remote e impervie. Malgrado il sostegno dell’UNHCR agli sforzi per l’allentamento della tensione e a promozione della pace, la situazione continua a deteriorarsi.
In Sud Sudan 6,8 milioni di persone hanno bisogno di aiuti salvavita a causa del conflitto armato, della violenza localizzata, delle catastrofiche alluvioni, della crescente insicurezza alimentare e della destabilizzazione economica.
Mentre sempre più persone fuggono dalla violenza e aumentano i bisogni, l’UNCHR sta aumentando la sua risposta in una situazione di grave carenza di fondi. Alla fine di novembre era stato ricevuto solo il 46 per cento dei 214,8 milioni di dollari USA necessari per il 2022.
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