Il numero di reinsediamenti di rifugiati realizzato nel 2020 sarà tra i più bassi mai registrati, ha avvertito oggi l’UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati.
Il numero di reinsediamenti di rifugiati realizzato nel 2020 sarà tra i più bassi mai registrati, ha avvertito oggi l’UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati.
“In primo luogo, siamo partiti con un tetto prestabilito deludentemente basso di meno di 50.000 posti per il reinsediamento per l’intero anno. Tale disponibilità, inoltre, ha risentito ulteriormente dell’impatto del COVID-19, che ha portato a ritardare le partenze previste e a sospendere i programmi di reinsediamento di alcuni Stati”, ha dichiarato l’Assistente Alto Commissario UNHCR per la Protezione, Gillian Triggs.
Secondi i dati più aggiornati in possesso dell’UNHCR, tra gennaio e la fine di settembre di quest’anno sono stati reinsediati solo 15.425 rifugiati rispetto ai 50.086 registrati nell’arco dello stesso periodo nel 2019.
“I tassi attuali indicano che siamo in presenza di uno dei livelli di reinsediamento tra i più bassi mai registrati in quasi due decenni. È un duro colpo per la protezione dei rifugiati e per le capacità di salvare vite umane e tutelare quanti sono più a rischio”, ha affermato Triggs.
L’UNHCR esorta gli Stati a reinsediare il più elevato numero possibile di rifugiati nel 2020, affinché non si perda tale opportunità, e a mantenere le quote di reinsediamento per il 2021.
Alcuni Paesi hanno sviluppato o ampliato le proprie capacità di applicare modalità flessibili di disamina dei casi e stanno garantendo una gestione sicura dei viaggi di reinsediamento in linea con i protocolli raccomandati. L’UNHCR esorta anche gli altri Paesi a fare altrettanto.
“Ampliare i canali sicuri e regolari per ottenere protezione, anche attraverso il reinsediamento, permette di salvare la vita dei rifugiati, mitigandone inoltre il bisogno di ricorrere a viaggi pericolosi via terra o via mare”, ha dichiarato Triggs.
L’impatto del COVID-19 ha portato a sospendere le evacuazioni salvavita di rifugiati dalla Libia il 12 marzo, e solo dal 15 ottobre è stato possibile riprendere i voli. Circa 280 rifugiati precedentemente trasferiti nelle strutture di transito di emergenza in Niger e in Ruanda sono attualmente in attesa di partire per i propri Paesi di reinsediamento, mentre altre 354 persone attendono le decisioni dei Paesi presso cui potrebbero essere reinsediati.
È incoraggiante, tuttavia, rilevare come diversi Paesi di reinsediamento abbiano dato priorità alle partenze dal Libano una volta revocate le misure di confinamento, assicurando enorme sollievo a rifugiati che, per di più, avevano patito i traumi derivanti dalle devastanti esplosioni verificatesi al porto di Beirut. In tutto, sono 1.027 i rifugiati partiti dal Libano in direzione di nove Paesi di reinsediamento nei mesi di agosto e settembre.
Nonostante l’impatto della pandemia di COVID-19, il personale dell’UNHCR impegnato nelle operazioni di reinsediamento ha continuato a lavorare per individuare ed esaminare nuovi casi durante l’intero anno, prendendo in carico i dossier di oltre 31.000 rifugiati.
Dei rifugiati reinsediati quest’anno, il numero maggiore è costituito da siriani (41 per cento), seguiti da congolesi (16 per cento). I restanti beneficiari sono originari di 47 Paesi, tra cui Iraq, Myanmar e Afghanistan. La maggior parte presentava esigenze di protezione legale e fisica, era costituita da persone sopravvissute a violenze o torture, oppure donne o minori a rischio.
Uno degli obiettivi chiave del Global Compact sui Rifugiati è quello di assicurare migliore protezione ai rifugiati e sostegno ai Paesi che ne accolgono numeri elevati, anche mediante un incremento dei posti di reinsediamento e dei canali complementari. In tale spirito di condivisione globale di responsabilità nei confronti dei rifugiati, l’UNHCR esorta un numero ulteriore di Paesi a unirsi al programma affinché altri rifugiati possano essere reinsediati e a rendere loro più accessibili il ricongiungimento familiare e altri canali complementari.
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