Il protocollo, firmato nel 2023, prevede l’arrivo di 1500 rifugiati nell’arco di tre anni
Sono arrivati oggi 97 rifugiati evacuati dalla Libia, tra cui 55 donne e 27 bambini (nazionalità eritrea, etiope, siriana, somala, sudanese, sud sudanese). Si tratta del primo volo in attuazione del protocollo firmato nel dicembre 2023 Ministero dell’Interno, Ministero degli Affari Esteri e la Cooperazione Internazionale, l’Agenzia ONU per i Rifugiati (UNHCR), l’ARCI, la Comunità di Sant’Egidio, la Federazione delle Chiese Evangeliche e INMP, che permetterà a 1500 rifugiati e persone che necessitano di protezione internazionale di essere evacuati dalla Libia all’Italia nell’arco di tre anni.
Il protocollo segue il primo accordo firmato nel 2021 e rinnova l’impegno già avviato dall’Italia nel 2017 che ha permesso l’arrivo dalla Libia di circa 1400 persone nel nostro paese, grazie a meccanismi di evacuazione o tramite i corridoi umanitari.
Beneficiari del progetto sono persone costrette a fuggire dai loro paesi a causa di guerre e violenze che si trovano temporaneamente in Libia. Tra loro, bambini, donne vittime di tratta, persone sopravvissute alla violenza e alla tortura e persone in gravi condizioni di salute, che sono state identificate dall’UNHCR, in collaborazione con la Comunità di Sant’Egidio, la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (FCEI) e l’ARCI.
In seguito all’arrivo le persone di questo primo volo sono state trasferite in centri di accoglienza gestiti dall’Arci e dalla Comunità di S Egidio.
Dal 2017, l’UNHCR ha evacuato o reinsediato 1,368 rifugiati e richiedenti asilo dalla Libia all’Italia. Nel 2023 l’UNHCR stimava che globalmente più di 2.4 milioni di rifugiati avranno bisogno di reinsediamento; si tratta di un aumento del 36% rispetto al fabbisogno del 2022, che riguardava 1,47 milioni di persone.
I canali regolari e sicuri, tra cui le evacuazioni di emergenza, i corridoi umanitari, il reinsediamento ed il ricongiungimento familiare permettono ai rifugiati di ricostruirsi un futuro in dignità senza essere costretti a intraprendere viaggi pericolosi nelle mani dei trafficanti. Allo stesso tempo sono un segnale tangibile di solidarietà verso i paesi a basso e medio reddito che ospitano il 75% dei rifugiati nel mondo.
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