I recenti episodi di violenza nel Darfur occidentale hanno costretto i rifugiati sudanesi a fuggire nel vicino Ciad. Dalla fine di luglio 2020, almeno 2.500 persone hanno attraversato il confine internazionale, mentre i disordini di matrice etnica hanno colpito circa 20.000 persone all’interno del Darfur occidentale del Sudan, la maggior parte delle quali sono donne e bambini.
Gli attacchi, imputati a gruppi di nomadi armati, il 25 luglio hanno ucciso 61 persone della comunità Masalit e ne hanno ferite almeno 88 nella città di Masteri, nel Darfur occidentale. Inoltre, nella città e nei villaggi circostanti le case sarebbero state bruciate al suolo.
Molti dei rifugiati coinvolti erano tornati a casa nel Darfur dal Ciad orientale all’inizio di quest’anno.
Oltre l’80 per cento delle persone che sono arrivate nella città di frontiera ciadiana di Adré sono donne, bambini e anziani che sono fuggiti a causa degli scontri. Molti hanno assistito a violenze estreme. Una donna di 25 anni ha riferito al personale dell’UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati, che suo marito è stato pugnalato a morte davanti ai suoi occhi e che è dovuta fuggire insieme ai tre figli, intraprendendo il viaggio verso il Ciad a dorso di un asino per un giorno intero.
L’UNHCR, in collaborazione con il governo del Ciad e i suoi partner nazionali, sta trasferendo i rifugiati dalle aree di confine al campo rifugiati di Kouchaguine-Moura, che ospitava già oltre 6.000 sudanesi arrivati nel febbraio 2020.
Tuttavia, i trasferimenti tramite convoglio stanno procedendo a rilento, a causa delle cattive condizioni delle strade e delle forti piogge. I primi due convogli con 443 rifugiati sono arrivati la scorsa settimana.
Nel campo rifugiati di Kouchaguine-Moura, ai rifugiati, che si stanno unendo a quelli arrivati in precedenza, vengono forniti riparo, acqua, cibo e generi di prima necessità. Il campo fornisce anche servizi relativi all’igiene e alla salute, compresi unità di isolamento, come parte della risposta al Covid-19.
Nello Stato sudanese del Darfur occidentale, la situazione si è stabilizzata dopo gli attacchi, ma rimane imprevedibile. Gli sfollati interni, molti dei quali risiedono a Geneina, sono ancora restii a tornare a casa e chiedono maggiore protezione. Secondo quanto riferito, le autorità federali di Khartoum hanno dispiegato forze aggiuntive per controllare e calmare la situazione, mentre una delegazione di Masalit e di capi tribù arabi è arrivata da Khartoum a Geneina il 4 agosto e sta conducendo colloqui di pace tra le due parti.
Una missione congiunta condotta dalle agenzie umanitarie per valutare i rischi di protezione e le esigenze di assistenza delle famiglie sfollate ha evidenziato la mancanza di beni di prima necessità e di alloggi. Tuttavia, le cattive condizioni delle strade, la stagione delle piogge e la situazione di sicurezza sono tra le sfide che dobbiamo affrontare, mentre organizziamo la nostra risposta e monitoriamo la situazione di protezione.
Il Ciad attualmente ospita 476.000 rifugiati e richiedenti asilo, di cui circa 365.000 provenienti dal Sudan. L’UNHCR è grata al governo del Ciad per aver consentito l’accesso al suo territorio a coloro che fuggono dalle persecuzioni, nonostante il confine sia stato chiuso a causa del COVID-19.
FINE
Per maggiori informazioni:
A Dakar, Romain Desclous, [email protected] +221 786 396 385
A Nairobi, Dana Hughes, [email protected] +254 733 440 536
In Ciad, Aristophane Ngargoune [email protected] +23568593010
A Khartoum, Roland Schönbauer, [email protected] +249 912 179 387
A Ginevra, Charlie Yaxley, [email protected] +41 795 808 702
A New York, Kathryn Mahoney, [email protected] +1 347 443 7646
A Ginevra, Babar Baloch, [email protected] +41 79 513 9549
Condividi su Facebook Condividi su Twitter