L’UNHCR ha uno staff di circa 11.000 persone, di queste l’87% si trova sul campo. Vi presentiamo Vicky Munguriek, un’autista che lavora nell’Uganda del nord.
Nome: Vicky Munguriek, 35, Uganda
Posizione lavorativa: autista in Uganda del nord
Anni di lavoro in UNHCR: da Dicembre 2016
Perché sei diventata un’operatrice umanitario?
Ho letto un annuncio sul giornale, l’UNHCR stava cercando un’autista. Ho deciso di candidarmi perché desideravo aiutare le persone bisognose, che soffrono, e farle sentire accolte. Ho ottenuto il lavoro e ho dovuto lasciare la mia famiglia a Kampala e tornare a Arua, la mia città natale, ma sto bene. Sono una donna forte e faccio il mio lavoro con passione.
Qual è stata la sfida più difficile ma gratificante del tuo lavoro?
Ho passato più di cinque anni facendo l’autista per una compagnia di trasporti commerciali a Kampala prima di iniziare a lavorare con l’UNHCR. Sono l’unica donna autista qui e ci sono persone che mi incoraggiano e altre che cercano di scoraggiarmi e deridermi. Ma io dico loro che non c’è motivo di prendermi in giro, siamo tutti qui per aiutare le persone e dobbiamo restare uniti e fare il nostro lavoro.
Conduco i membri dello staff dell’UNHCR in vari luoghi, a orari diversi, dipende dalle indicazioni che ricevo. Li accompagno, per esempio, a fare i sopralluoghi per aprire le strade in nuovi insediamenti, oppure accompagno lo staff specializzato in protezione, quando deve andare ad aiutare i rifugiati appena arrivati. Mi occupo anche di accompagnare negli insediamenti visitatori quali ad esempio, donatori e giornalisti.
Tra i rischi a cui vado incontro ci sono strade dissestate, guidatori incapaci, animali selvatici e il bestiame, mucche, capre e maiali che attraversano la strada. Guidare per 150 chilometri per strade sterrate piene di buche è una bella sfida. Durante la stagione delle piogge poi, le strade diventano fangose e molto scivolose. I ponti vengono spazzati via e le strade si interrompono e quindi bisogna fare percorsi molto più lunghi.
Quando, mentre sto guidando mi capita di incontrare animali che attraversano la strada, applico la regola del “la sicurezza prima di tutto” e quindi rallento e permetto loro di attraversare prima di procedere, questo per tenere me, i miei passeggeri e gli stessi animali al sicuro. Con una guida prudente posso anticipare i movimenti degli altri guidatori e prevenire incidenti.
Mi sento soddisfatta quando aiuto i rifugiati ad ottenere quello di cui hanno bisogno, anche se questo non è proprio parte del mio lavoro mi rende felice, mi emoziona.
Qual è stato il tuo giorno migliore lavorando con UNHCR?
Poche settimane fa, ho visto due ragazze veramente giovani passare il confine dal Sud Sudan, erano giovanissime, viaggiavano in gruppo ma senza i genitori. Avevano i vestiti sporchi e sembravano affamate, erano in attesa di fare la registrazione al campo. A causa di un ritardo, sono scoppiate in lacrime. Mi sono avvicinata al desk delle registrazioni e ho implorato gli operatori di registrare le ragazze, ho detto loro che non sarei andata via finché non l’avessero fatto.
Le ragazze sono riuscite a registrarsi e ad avere anche del cibo presso uno dei punti di raccolta, io ero davvero felice. Una settimana fa mi trovavo presso l’insediamento di Imvepi, nel nord, le due ragazze mi hanno visto e mi hanno raggiunto per salutarmi e abbracciarmi. Adesso si sono sistemate e hanno a loro disposizione un piccolo appezzamento di terreno. Ero davvero impressionata. Hanno anche messo su qualche chilo, hanno un tetto sulla testa e stanno andando a scuola, è loro garantita l’assistenza di base e sono in buone mani, anche se i loro genitori non sono con loro.
Qual è stato il giorno peggiore che hai vissuto facendo questo lavoro?
Un giorno mentre facevo ritorno dall’insediamento di Rhino un veicolo mi ha superato e spinto fuoristrada, nell’incidente ha perso la vita una bambina di quattro anni. Era una bambina del posto, è stato quello il giorno peggiore in tutta la mia esperienza lavorativa.
Ciò che è stato anche più doloroso è che non ho avuto alcuna voce in capitolo. Sono due i leader in Sud Sudan – il leader dei ribelli e il Presidente – e non ho capito come possano far soffrire così la loro gente. Bisognerebbe lasciare alle Nazioni Unite il compito di risolvere il problema così che si possa porre fine alle sofferenze della popolazione. E’ una domanda che mi pongo tutti i giorni. Vorrei vedere le persone coinvolte, provare a risolvere i problemi seduti intono ad un tavolo, a discutere.
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