A un anno di distanza dall’invasione di Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana, da parte delle milizie anti-Balaka, le persone sfollate sono oltre 852.000, circa un quinto della popolazione totale del paese, che conta 4.5 milioni di persone.
Il 5 dicembre dell’anno scorso, Bangui e la città di Bossangoa, che fino a quel momento erano rimaste nelle mani del movimento ribelle di Seleka, sono cadute sotto il controllo dei gruppi di auto-difesa anti-Balaka, cui ha fatto seguito un aumento della violenza e la fuga di un numero sempre maggiore di persone. L’insicurezza è rapidamente degenerata in caos, costringendo circa un milione di persone a fuggire all’interno del paese o oltre i confini. Nel giro di una settimana, l’intero sistema delle Nazioni Unite era in massima allerta per rispondere al rapido peggioramento della situazione umanitaria.
Le condizioni di sicurezza nella Repubblica Centrafricana rimangono instabili, con sporadici episodi di violenza come gli scontri avvenuti a ottobre tra le milizie e le forze internazionali. Più di 187.000 rifugiati sono fuggiti nei paesi vicini lo scorso anno, portando a oltre 423.000 il numero totale di rifugiati della Repubblica Centrafricana nella regione. Sono circa 430.000 le persone sfollate, mezzo milione in meno rispetto a dicembre 2013.
All’inizio dell’emergenza, ogni settimana dai 3.000 ai 5.000 rifugiati arrivavano in Camerun, che già accoglie un numero consistente di rifugiati centrafricani. La maggior parte dei nuovi arrivati era in condizioni disperate e mostrava sul proprio corpo i segni dell’estrema violenza che avevano sofferto. Molti altri arrivavano malnutriti, dopo settimane di cammino attraverso le foreste senza adeguate provviste. A distanza di un anno, le priorità sono ancora il trasferimento dei rifugiati in luoghi più sicuri e la fornitura di servizi essenziali come acqua, servizi igienici, rifugi ed assistenza sanitaria.
Inoltre, migliaia di rifugiati centrafricani sono fuggiti dal Ciad, insieme a oltre 100.000 cittadini ciadiani, tra cui discendenti di seconda e terza generazione degli immigrati del Ciad in Repubblica Centroafricana, molti di loro sono senza documenti. Questa crisi mostra il rischio di apolidia per coloro che hanno perso ogni legame con il paese di origine senza aver acquisito la cittadinanza del paese adottivo. L’UNHCR sta lavorando con le autorità del Ciad e altri partner per assicurare che queste seconde e terze generazioni di ciadiani ricevano i documenti d’identità. Circa 70.000 rifugiati della Repubblica Centrafricana sono fuggiti nella Repubblica Democratica del Congo e oltre 20.000 nella Repubblica del Congo.
La crisi umanitaria in Repubblica Centrafricana rimane una delle più gravi al mondo, ma rischia di venire oscurata dall’urgenza delle altre crisi qualora non venisse fornito un sostengo maggiore. UNHCR e i suoi partner hanno presentato il Piano di Risposta Regionale per i Rifugiati nel 2014 presentato dall’UNHCR e i suoi partner, è necessario un finanziamento di 209 milioni di dollari per l’UNHCR e 15 partner. Ad oggi, solo il 51% del totale è stato coperto.
L’UNHCR esorta i donatori e la comunità internazionale a fornire un supporto continuo ai cittadini ormai allo stremo della Repubblica Centrafricana; a coloro che si trovano all’interno del paese e coloro che hanno trovato rifugio nei paesi vicini.
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