Questa è una sintesi di quanto detto da Andrew Harper, Consigliere speciale sull’azione climatica dell’UNHCR, a cui può essere attribuito il testo citato, al briefing odierno per la stampa al Palais des Nations di Ginevra.
Mentre a Sharm el-Sheikh in Egitto si chiude la COP27, l’UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati, dà l’allarme per conto delle persone costrette a fuggire, per le quali l’emergenza climatica rappresenta l’aggravamento di una crisi già esistente.
Per la prima volta, le voci dei rifugiati e degli sfollati dai paesi in prima linea nell’emergenza climatica sono risuonate nelle sale della conferenza dell’ONU sul cambiamento climatico. Quest’anno alla COP27 rifugiati e sfollati da Sudan, Yemen, Niger e altri paesi hanno dichiarato che quasi tutti i loro tentativi di adattarsi ai mutamenti dell’ambiente vengono invalidati dalla velocità del cambiamento climatico.
Sono orgoglioso che l’UNHCR e i nostri partner abbiano lavorato insieme alle persone costrette a fuggire per fare in modo che fossero viste e ascoltate alla COP27, ma dobbiamo andare oltre.
L’UNHCR chiede l’inclusione delle persone costrette a fuggire nel documento finale della COP27. I rifugiati e gli sfollati sono tra le persone più esposte alla crisi climatica; molti cercano sicurezza in paesi che hanno contribuito molto poco al cambiamento climatico e tuttavia hanno meno risorse per adattarsi.
Le persone costrette a fuggire si aspettano anche di sedere ai tavoli dei negoziati alla COP28, per assicurarsi che le decisioni che le riguardano non vengano prese senza di loro.
È necessario un sostegno dedicato e un aumento dei finanziamenti per i paesi in prima linea nell’emergenza climatica, poiché sono spesso questi stessi paesi a offrire protezione ai rifugiati, da decenni. Questo è quanto l’UNHCR ha ripetuto a Sharm el-Sheikh la scorsa settimana: i leader mondiali hanno la responsabilità di fare in modo che i finanziamenti per l’azione climatica non solo arrivino ai paesi più vulnerabili al clima, ma anche alle persone costrette a fuggire e alle comunità che le ospitano. Oltre il 70% delle persone costrette a fuggire nel mondo proviene dai paesi più vulnerabili ai cambiamenti climatici, e pertanto è necessario un esplicito riconoscimento di rifugiati e sfollati nel documento finale della COP27.
L’UNHCR ha accolto con piacere l’inserimento nell’agenda del tema della perdita e del danno causati dai cambiamenti climatici, per la prima volta alla conferenza di quest’anno. Nelle ultime due settimane ho sentito grida disperate dai paesi colpiti dall’emergenza climatica, che chiedevano fondi agli altri Stati, storicamente responsabili di emissioni di Co2 più alte, per aiutarli a prepararsi e a riprendersi dai disastri provocati dal clima. Ma ci sono limiti all’adattamento e dobbiamo essere pronti alle inevitabili perdite e danni, come ulteriori esodi, per i quali devono essere messe a disposizione ulteriori risorse. Il grido delle persone costrette a fuggire e delle comunità e dei paesi che li ospitano diventerà sempre più forte, motivo per cui la perdita e il danno devono diventare un tema standard nell’agenda della COP. Dalla prospettiva dei rifugiati e degli sfollati colpiti dalla crisi climatica, non c’è esempio più grave di perdita e danno che il dover fuggire dalla propria casa e attraversare un confine per cercare protezione.
Prima di partecipare alla COP27 sono stato in Mozambico, dove ho visto con i miei occhi il doppio impatto devastante delle catastrofi climatiche e di un conflitto violento che ha costretto quasi un milione di persone a fuggire dalle loro case dal 2017. Il Mozambico, uno dei paesi più vulnerabili ai cambiamenti climatici, ora vede un intensificarsi degli eventi meteorologici estremi, quali cicloni e tempeste tropicali, che diventano sempre più frequenti e intensi. Il paese è stato già colpito da cinque fra cicloni e tempeste tropicali solo quest’anno.
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