L’UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati, sollecita il sostegno internazionale per lo sforzo umanitario in Sud Sudan a fronte delle piogge e delle inondazioni eccezionali che lo hanno colpito per il quarto anno di seguito e della minaccia di un peggioramento della situazione a causa dell’accelerazione della crisi climatica.
Due terzi del paese sono attualmente interessati dalle inondazioni, che hanno colpito oltre 900.000 persone. Le acque hanno spazzato via case e bestiame, costretto migliaia di persone alla fuga e allagato vaste zone agricole, peggiorando un’emergenza alimentare già grave. Pozzi e latrine sono stati sommersi, contaminando le falde acquifere e aumentando il rischio di insorgenza di malattie.
Bentiu, capitale dello stato di Unity, è diventata un’isola circondata dall’acqua a causa delle inondazioni. Tutte le strade in ingresso e in uscita sono impraticabili e gli aiuti umanitari possono raggiungere le 460.000 persone già sfollate a causa della combinazione di inondazioni e conflitti solo attraverso la pista di atterraggio e le imbarcazioni.
I campi per gli sfollati interni si trovano attualmente al di sotto della linea dell’acqua, protetti solo dalle dighe (grandi barriere di terra compatta) costruite dalle Nazioni Unite, dal governo e dagli abitanti stessi.
Si lavora ventiquattr’ore al giorno con pompe, secchi, scavatori e macchinari per tenere a bada l’acqua e impedire alle dighe di crollare.
Cresce il bisogno di cibo, riparo, acqua e misure sanitarie, poiché le scorte esistenti di prodotti di base si stanno esaurendo.
Con l’aggravarsi drammatico della crisi climatica, gli eventi meteorologici estremi stanno mettendo alla prova la resilienza delle comunità sfollate, colpite da ripetuti disastri.
L’UNHCR sta rafforzando il suo sostegno alle popolazioni vulnerabili nelle zone del Sud Sudan più difficili da raggiungere, attraverso le squadre mobili di risposta. Tuttavia, molte strade sono inaccessibili e i mezzi di trasporto alternativi sono scarsi.
A Maban, nello stato dell’Alto Nilo, i camion che portano il cibo e gli altri beni di prima necessità non riescono a raggiungere il campo rifugiati di Doro perché le strade sono interrotte dall’acqua. Questo vuol dire che le razioni di ottobre non potranno arrivare ai 75.000 rifugiati sudanesi che vivono nel campo. Il mese scorso i camion sono rimasti bloccati sulle strade per settimane. Le razioni alimentari sono state trasportate per via aerea, ma non ci sono fondi sufficienti per ripetere l’operazione, il che comporta la fame per molte persone.
Mentre la crisi dei rifugiati del Sud Sudan rimane la più grave di tutta l’Africa, con oltre 2,3 milioni di sud sudanesi costretti a fuggire nei Paesi confinanti, si stima che 2,2 milioni di persone siano sfollate all’interno del Paese, che ospita anche oltre 340.000 rifugiati.
Dilaniato dalla guerra civile per la maggior parte della sua breve storia, il Sud Sudan è afflitto da una diffusa violenza intercomunitaria, dagli effetti devastanti del cambiamento climatico e da una grave insicurezza alimentare che colpisce il 60% di una popolazione di 11 milioni di persone. I prezzi dei generi alimentari sono saliti alle stelle e la moneta è stata svalutata, esacerbando una crisi umanitaria che si protrae da tempo.
Quella del Sud Sudan è una delle crisi meno finanziate dell’UNHCR, avendo ricevuto meno della metà dei 214,8 milioni di dollari USA necessari quest’anno. La carenza di fondi impedisce all’UNHCR di incrementare il sostegno agli sfollati interni, compresa la risposta alle inondazioni e la mitigazione dei suoi effetti.
Senza fondi sufficienti, l’UNHCR dà la priorità al sostegno salvavita. Le persone fuggite dalle loro case hanno bisogno di alloggio, coperte, teli di plastica, reti, contenitori per l’acqua, utensili da cucina e kit igienici e sanitari. È anche vitale continuare il sostegno ai progetti di peace building e agli interventi su base comunitaria rivolti alla protezione dell’infanzia e alla riduzione della violenza di genere.
A livello globale, l’emergenza climatica aggrava sempre più il fenomeno delle migrazioni forzate e rende ancora più difficile la vita delle persone già sradicate. I più colpiti sono proprio coloro che hanno meno responsabilità nel riscaldamento globale.
Le comunità con poche risorse o capacità di adattamento soffrono le conseguenze peggiori di un ambiente inospitale. Resta poco tempo per i paesi più vulnerabili al clima, che ospitano anche la maggior parte degli sfollati.
Ora che l’attenzione globale è rivolta altrove, la crisi del Sud Sudan, protratta e cronicamente sottofinanziata, ha bisogno di sostegno urgente.
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