Garantire a centinaia di migliaia di giovani rifugiati ucraini l’accesso all’istruzione rappresenta una sfida enorme per i Paesi ospitanti come la Polonia.
A distanza di mesi, anche le regioni ben lontane dalla linea del fronte sono ancora colpite dalla guerra e Sofia sa che potrebbe dover fare progetti per un futuro nella capitale polacca Varsavia, dove ora vive. “Ho capito che potrebbe essere per sempre e che se un giorno tornerò in Ucraina, potrebbe essere come ospite”, dice con la compostezza di chi ha preso tempo per riflettere sulla sua vita futura, anche se ha solo 13 anni.
Lasciare casa, famiglia e amici è stato difficile, ma con le esplosioni che già scuotevano la regione, i genitori di Sofia hanno deciso che avrebbe dovuto dirigersi verso il confine con la famiglia di un’amica e stare con la nonna, che vive in Polonia da 30 anni.
Dopo un gelido viaggio di 14 ore nella notte su diversi autobus pieni di altri rifugiati, Sofia ha trovato Zola, 55 anni, ad aspettarla.
Con Sofia fuori pericolo, la nonna ha voluto trovare una scuola per lei il prima possibile, non solo per permetterle di continuare gli studi, ma anche per far sì che l’adolescente avesse un posto sicuro dove stare mentre lei lavora come addetta alle pulizie.
All’inizio Sofia era riluttante. “Non era una priorità per me, dicevo a mia nonna che era solo una questione di un paio di settimane, poi la guerra sarebbe finita e sarei tornata in Ucraina”, ha raccontato.
Zola ha aggiunto: “Non sapevamo quanto sarebbe durata la guerra, ma i bambini devono andare a scuola”.
Una scuola vicina offriva lezioni speciali per i bambini e ragazzi rifugiati che non parlavano polacco. “I primi giorni sono stati difficili”, ricorda Sofia. “Non conoscevo la lingua, ero circondata da studenti e insegnanti che parlavano polacco. Ma il secondo giorno mi sono sentita più tranquilla e una settimana dopo mi sono abituata”.
Wieslawa Dziklinska, direttrice della scuola di Sofia, ha detto che gli studenti che non parlano polacco seguono il normale programma di studi e ricevono il supporto di assistenti didattici che traducono e spiegano le materie.
“Per alcuni è una lotta”, ha detto Dziklinska. “Per altri è molto facile e naturale. Alcuni resistono, soprattutto i giovani che avevano progetti ambiziosi come frequentare scuole di musica [specializzate], sostenere esami di lingua… È uno scontro tra ciò che avevano pianificato e la realtà”.
In classe, Sofia è riservata ma attenta, e le sue risposte alle domande degli insegnanti sono ponderate e spesso lunghe: un riflesso, forse, del tempo che ha passato a soppesare le sue opzioni e a fare scelte difficili.
Sofia è solo una degli oltre 400.000 minori in età scolare provenienti dall’Ucraina registrati finora con un numero di identità del governo polacco (PESEL), ponendo le autorità del Paese di fronte a una sfida enorme. Il governo ha garantito il diritto all’istruzione per i rifugiati ucraini, ma la portata e la velocità della crisi hanno messo a dura prova la capacità scolastica e le infrastrutture del Paese.
Secondo i dati ufficiali, alla fine dell’anno accademico 2021-22, più di 180.000 studenti ucraini hanno iniziato a studiare nelle scuole polacche. Di questi, l’80% ha frequentato classi miste con studenti polacchi. Gli altri hanno frequentato le “classi preparatorie”, un sistema che esiste in qualche forma nella maggior parte dei Paesi dell’UE per aiutare i bambini stranieri a inserirsi nelle scuole pubbliche del Paese ospitante.
Nelle classi preparatorie in Polonia, gli alunni seguono il curriculum nazionale e seguono corsi intensivi di polacco. Prima della guerra, c’erano 15 studenti per classe “preparatoria”; la cifra è aumentata fino a 25.
Anche con queste soluzioni, centinaia di migliaia di giovani rifugiati potrebbero aver bisogno di un posto in una scuola polacca nel prossimo anno accademico. Il quadro è tuttavia offuscato dalla guerra in corso, che impedisce agli ucraini costretti a fuggire di fare piani a lungo termine: secondo un recente sondaggio dell’UNHCR, due terzi prevedono di rimanere nei Paesi che li ospitano fino a quando le ostilità non cesseranno. Alcuni sono anche partiti per paesi terzi.
I rifugiati possono anche scegliere di far seguire ai propri figli il programma di studi ucraino online, frequentando virtualmente le lezioni messe a disposizione dal Ministero dell’Istruzione e della Scienza ucraino – un’opzione che molte famiglie hanno scelto nella speranza di poter tornare presto nelle loro vecchie scuole o di poter accedere alle università ucraine in futuro. Infatti, alcune famiglie desiderano che i loro figli seguano il programma di studi ucraino online mentre sono iscritti a una scuola del Paese ospitante.
Da parte sua, Sofia è desiderosa di proseguire gli studi. Sebbene le sue materie preferite siano un mix di biologia, matematica e letteratura, sogna di diventare architetto. “Mi piace il processo di costruzione delle case, il processo di progettazione di una casa con un programma informatico”, dice, snocciolando un elenco di termini tecnici che ha imparato guardando video online.
Sofia pensa ancora spesso a casa. “Mi piace qui, ma vorrei tornare”, dice. “Questa [vita in Polonia] è nuova per me e mi mancano il mio villaggio, i miei amici, i negozi in Ucraina…”.
Questo articolo viene pubblicato in vista del Rapporto sull’istruzione dei rifugiati 2022 dell’UNHCR, che sarà pubblicato il 13 settembre. Il rapporto fa parte del coinvolgimento dell’Agenzia ONU per i Rifugiati nel Transforming Education Summit, che si terrà durante l’Assemblea generale delle Nazioni Unite di quest’anno.
Per ulteriori informazioni sul lavoro dell’UNHCR nel campo dell’istruzione, contattare:
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