Il torneo, che vede la partecipazione di squadre femminili e maschili di rifugiati e di giocatori nazionali dilettanti, mette in luce il ruolo dello sport nel sostenere le persone costrette a fuggire e nell’aiutarle a creare legami con le loro nuove comunità.
“Grazie alle ragazze e alla squadra, so dire molte cose in italiano. Ho frequentato corsi di lingua e mi sono fatta anche degli amici italiani”, racconta Fatema, 20 anni.
E non solo. La sua squadra a Firenze, Il Centro Storico Lebowski, è stata appena promossa in Serie C, il terzo livello del campionato nazionale italiano, avvicinandola al suo sogno di giocare a calcio da professionista in futuro.
Fatema è una degli 80 giocatori che hanno partecipato alla recente UNITY EURO Cup, un torneo a otto squadre organizzato dalla UEFA, l’Unione delle Federazioni Calcistiche Europee, e dall’UNHCR, l’Agenzia ONU per i Rifugiati, presso lo stadio Colovray, vicino alla sede della UEFA a Nyon, in Svizzera.
Ogni squadra era composta da un mix di giocatori rifugiati e nazionali dilettanti, sia maschi che femmine. La Germania ha vinto il trofeo ai rigori dopo aver pareggiato 2-2 con la Svizzera in finale.
Il torneo, che ha riunito squadre di associazioni calcistiche di tutta Europa, è stato un’occasione per sottolineare il ruolo del calcio nel rafforzare i legami tra i rifugiati e le comunità che li accolgono. È stata anche un’occasione per i giocatori di conoscere persone che altrimenti non avrebbero potuto incontrare nel corso della loro vita quotidiana.
“Nessuno è diverso in campo”, ha detto Laura Georges, ex membro della nazionale francese. Con 188 presenze nella sua nazionale, ha scelto di partecipare alla UNITY Cup non solo per dimostrare il suo sostegno, ma anche per conoscere meglio le persone che hanno fatto della Francia la loro casa dopo essere fuggite dai loro Paesi.
“Per me, [è] un’opportunità per conoscere un po’ la loro provenienza, perché in una partita di calcio tutti sono felici. Ma poi, dopo il torneo, com’è la loro vita? Hanno abbastanza sostegno? Possono viaggiare? La gente li sostiene?”.
Un sentimento condiviso da Stephen Kenny. In qualità di manager della nazionale irlandese di calcio maschile, nel corso di una lunga carriera nella gestione del calcio ha visto il potere del calcio di integrare le persone nelle loro nuove comunità.
La UNITY Cup è stata una pietra miliare per l’inclusione dei rifugiati, ha detto Kenny, ma ha anche evidenziato le possibilità che il calcio può offrire se viene fornito un sostegno adeguato. “Sotto questo aspetto, è importante che l’infrastruttura cresca e che le persone provenienti da paesi diversi abbiano l’opportunità di prosperare come individui”.
Per Fatema, questo significa inseguire il suo sogno di giocare a calcio in futuro.
“In Italia le donne sono più libere e hanno più libertà di giocare a calcio e a qualsiasi altro sport”, ha detto. “Ho appena finito la scuola in Afghanistan e voglio andare all’università. Voglio continuare a giocare a calcio a livello professionale e poi trovare un lavoro come una persona normale”.
Condividi su Facebook Condividi su Twitter