Antonina e Natasha sono arrivate in Slovacchia senza un piano. La sera stessa del loro arrivo, con l’aiuto dell’UNHCR, hanno trovato un posto dove stare e una nuova speranza per il futuro.
Rimaste vedove prima della guerra, le due sorelle hanno lasciato in Ucraina figli e nipoti adulti.
La prima cosa che Antonina fa è telefonare a uno dei suoi figli in Ucraina, dopo di che scoppia in lacrime. Natasha dice: “La mia casa è stata distrutta. Non c’è niente a cui tornare. Non sappiamo dove andremo”.
Al confine, l’UNHCR, l’Agenzia ONU per i Rifugiati, e le ONG partner sono a disposizione per offrire informazioni che aiutino i rifugiati a orientarsi. “Il nostro compito è quello di aiutarli a rimettersi in piedi il più rapidamente possibile”, dice Tala Budziszewski, operatrice dell’UNHCR in missione come parte della risposta all’emergenza.
Antonina e Natasha vengono presto informate. Un volantino dell’UNHCR avverte in ucraino di possibili truffe. “Tutti gli aiuti umanitari sono gratuiti”, sottolinea. I volontari le guidano verso un minibus gratuito.
Un uomo in uniforme – di un distaccamento di pompieri slovacchi che aiutano al confine – spinge i bagagli delle sorelle in un carrello da supermercato fino all’autobus. L’autista è un locale che normalmente porta i turisti in escursione.
“Tante persone di tutti i ceti sociali stanno aiutando. La risposta della società slovacca è stata eccezionale”, dice Jovica Zarić, team leader dell’operazione dell’UNHCR nella Slovacchia orientale.
L’autobus porta Antonina e Natasha dal villaggio di confine di Vyšné Nemecké alla vicina città di Michalovce. Durante il tragitto, le sorelle iniziano a rivivere il loro terribile calvario.
Vengono da Severodonetsk nell’oblast’ di Lugansk. Hanno passato un mese in una cantina a ripararsi dai bombardamenti prima di ascoltare l’appello del loro governatore ad evacuare. “Questo era il mio edificio. Avevo appena ristrutturato il mio appartamento”, dice Natasha, mostrando una foto di un condominio annerito.
“La nostra bella città”, dice Antonina, “la piscina Sadko, la scuola di musica Prokofiev…” Si tira indietro. La vita delle sorelle è stata sconvolta.
Hanno lavorato duramente per tutta la vita – Antonina in un impianto chimico, Natasha come manager di un supermercato – e non vedevano l’ora di ritirarsi ad una vita confortevole da pensionate. Invece, hanno intrapreso un viaggio di tre giorni attraverso l’Ucraina per mettersi in salvo.
A Uzhhorod, nell’Ucraina occidentale, dove hanno trascorso un paio di notti, hanno acquistato i loro abiti vivaci in un negozio di seconda mano – giacca rosa per Natasha, giacca a vento arancione e pile verde lime per Antonina.
“Eravamo vestite di nero tutti questi giorni”, dice Antonina. “Abbiamo deciso che era il momento di essere brillanti e positive”.
Il minibus slovacco le porta a Michalovce, dove un palazzetto dello sport è stato trasformato in un centro di registrazione per i rifugiati. Le sorelle vedono file di letti da campo con coperte militari; fuori ci sono tende con personale e volontari che offrono supporto psicologico, chipping sul posto per gli animali domestici, carte SIM slovacche. Tutti i servizi sono gratuiti.
Vanno al primo banco e ne escono con l’aria sconcertata. “Un altro libretto”, dice Natasha. “Ad essere onesti, stiamo provando un leggero panico. Ho paura che diventeremo delle senzatetto”. Non sanno dove dormiranno stanotte.
Hanno bisogno di una pausa per pensare e di qualcosa da mangiare. Tirano fuori dei panini che hanno portato dall’Ucraina, il pane spesso e familiare. Il tè caldo dalla tenda del cibo slovacco aggiunge allegria. Lo staff dell’UNHCR è a disposizione per aiutarle a valutare le loro opzioni, seguendo la politica dell’agenzia Accountability to Affected People (AAP), che significa lavorare insieme ai rifugiati e metterli in grado di prendere le loro decisioni informate.
La grande domanda è se devono fare domanda di protezione temporanea in Slovacchia. “Se lo facciamo, possiamo tornare in Ucraina quando sarà di nuovo sicuro? La risposta è sì.
Antonina ha bei ricordi di una vacanza a Praga. “Se facciamo domanda qui, possiamo farla dopo nella Repubblica Ceca?” Imparano che possono avere una protezione temporanea solo in un paese dell’UE. Impegnandosi in Slovacchia si apriranno subito delle possibilità di alloggio e di sostegno qui.
E cosa vogliono fare le sorelle? “Lavorare”, dice Natasha. “Non abbiamo soldi. Alla nostra età e parlando solo russo, le nostre possibilità non sono grandi, ma siamo disposte a fare qualsiasi cosa. Mia sorella è brava a cucire”.
“Forse potremmo lavorare nel turismo?” dice Antonina.
È lei la sognatrice. Natasha è organizzata e pratica. “Abbiamo temperamenti diversi ma non litighiamo mai”, dice Natasha. “Grazie al cielo abbiamo l’un l’altra”, dice Antonina.
Dopo aver mangiato le ultime briciole dei loro panini ucraini, prendono una decisione.
“Allora, andiamo di paese in paese? Chiede Antonina.
“No”, dice Natasha, “restiamo qui”.
Le sorelle vanno nella sala dove la polizia slovacca sta prendendo le domande. Il processo dura meno di un’ora. All’ora del tè, le sorelle hanno lo status di protezione temporanea e un posto dove andare. Sono state accettate in un rifugio nella città di Prešov, a un’altra ora di viaggio.
Sono tra i 65.000 rifugiati ucraini che hanno chiesto protezione in Slovacchia, mentre 257.000 hanno proseguito verso altre destinazioni.
Al calar della sera, arrivano in una scuola, convertita dalle autorità regionali con l’aiuto degli studenti ucraini dell’Università di Prešov, in un ostello per i rifugiati. Vengono fatte accomodare in un dormitorio, con letti a castello ma bei piumini puliti. “È tranquillo”, dice Antonina, guardando giù nel cortile.
Natasha comincia a disfare le valigie; le loro pantofole vengono fuori per prime.
“Esploreremo la città durante il fine settimana di Pasqua”, dice Antonina. “E poi”, dice Natasha, “cominceremo a cercare lavoro”.
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