In prima linea nella crisi globale dei rifugiati

2021: migrazione forzata in immagini.

In prima linea nella crisi globale dei rifugiati

2021: migrazione forzata in immagini.

Una famiglia riposa nella città messicana di Rio Frio de Juarezas durante il viaggio verso Città del Messico, 11 dicembre ©REUTERS/Luis Cortes

Quando viene dichiarata un’emergenza, l’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, è sul campo per garantire che le persone costrette a fuggire trovino sicurezza e assistenza, nel proprio paese o in un altro. Il moltiplicarsi di nuove crisi nel 2021, unito alla mancanza di soluzioni per risolvere quelle prolungate, ha messo alla prova la nostra capacità di intervento come mai prima d’ora.

I conflitti, vecchi e nuovi, insieme agli impatti sempre più disastrosi dei cambiamenti climatici, hanno portato quest’anno a un aumento devastante del numero di rifugiati e sfollati. Dall’Afghanistan all’Etiopia, le persone sono state sradicate dalle proprie terre a causa di violenze, persecuzioni e violazioni dei diritti umani. Molte di loro hanno affrontato ulteriori difficoltà a causa della pandemia di COVID-19, del clima estremo e delle leggi sull’asilo e delle politiche di frontiera sempre più restrittive.

In un anno che ha segnato il 70° anniversario della storica Convenzione sui rifugiati del 1951, i suoi principi di cooperazione internazionale per proteggere e preservare i diritti delle persone costrette a fuggire non sono mai stati così rilevanti, né più minacciati.

Quest’anno lo staff e i partner dell’UNHCR sono stati in prima linea nelle nuove emergenze e nelle crisi in corso in 135 Paesi del mondo, ma ci sono state alcune situazioni che si sono distinte per la loro portata e complessità, così come alcuni momenti memorabili che hanno messo in evidenza il talento e la capacità di recupero delle persone costrette a fuggire.

Quando viene dichiarata un’emergenza, l’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, è sul campo per garantire che le persone costrette a fuggire trovino sicurezza e assistenza, nel proprio paese o in un altro. Il moltiplicarsi di nuove crisi nel 2021, unito alla mancanza di soluzioni per risolvere quell prolungate, ha messo alla prova la nostra capacità di intervento come mai prima d’ora.

I conflitti, vecchi e nuovi, insieme agli impatti sempre più disastrosi dei cambiamenti climatici, hanno portato quest’anno a un aumento devastante del numero di rifugiati e sfollati. Dall’Afghanistan all’Etiopia, le persone sono state sradicate dalle proprie terre a causa di violenze, persecuzioni e violazioni dei diritti umani. Molte di loro hanno affrontato ulteriori difficoltà a causa della pandemia di COVID-19, del clima estremo e delle leggi sull’asilo e delle politiche di frontiera sempre più restrittive.

In un anno che ha segnato il 70° anniversario della storica Convenzione sui rifugiati del 1951, i suoi principi di cooperazione internazionale per proteggere e preservare i diritti delle persone costrette a fuggire non sono mai stati così rilevanti, né più minacciati.

Quest’anno lo staff e i partner dell’UNHCR sono stati in prima linea nelle nuove emergenze e nelle crisi in corso in 135 Paesi del mondo, ma ci sono state alcune situazioni che si sono distinte per la loro portata e complessità, così come alcuni momenti memorabili che hanno messo in evidenza il talento e la capacità di recupero delle persone costrette a fuggire.

Afghanistan

L’Afghanistan era alle prese con molteplici crisi anche prima che il ritiro delle truppe straniere innescasse un’escalation dei combattimenti tra i Talebani e le ex forze governative. Quando i Talebani hanno preso il potere ad agosto, già circa mezzo milione di persone era stato costretto a fuggire. La sospensione degli aiuti stranieri e il congelamento dei beni del governo, combinati con una prolungata siccità, hanno fatto precipitare il Paese in una grave crisi economica che a dicembre stava causando una insicurezza alimentare diffusa. Circa 9 milioni di afghani sono ora a rischio di carestia.

Famiglie afghane fanno la fila per entrare in Pakistan al valico di frontiera di Spin Boldak il 12 dicembre ©UNHCR/Andrew McConnell

Afghanistan

L’Afghanistan era alle prese con molteplici crisi anche prima che il ritiro delle truppe straniere innescasse un’escalation dei combattimenti tra i Talebani e le ex forze governative. Quando i Talebani hanno preso il potere ad agosto, già circa mezzo milione di persone era stato costretto a fuggire. La sospensione degli aiuti stranieri e il congelamento dei beni del governo, combinati con una prolungata siccità, hanno fatto precipitare il Paese in una grave crisi economica che a dicembre stava causando una insicurezza alimentare diffusa. Circa 9 milioni di afghani sono ora a rischio di carestia.

Famiglie afghane fanno la fila per entrare in Pakistan al valico di frontiera di Spin Boldak il 12 dicembre ©UNHCR/Andrew McConnell

Ethiopia

Il conflitto iniziato nella regione settentrionale del Tigray in Etiopia si è intensificato nel 2021, estendendosi alle vicine regioni degli Amara e degli Afar in ottobre. Migliaia di rifugiati eritrei in due campi nel Tigray sono stati coinvolti nel conflitto a luglio e costretti a fuggire. Più di 3 milioni di persone sono state costrette a fuggire all’interno del Paese e moltissimi altri hanno urgente bisogno di cibo e di altri aiuti, che le agenzie umanitarie hanno faticato a fornire a causa della mancanza di accesso e della precarietà della situazione dal punto di vista della sicurezza. 

Rifugiati eritrei aspettano di ricevere aiuti umanitari nel campo rifugiati di Mai Aini nella regione dei Tigrè in Etiopia ©UNHCR/Petterik Wiggers.

Etiopia

Il conflitto iniziato nella regione settentrionale del Tigray in Etiopia si è intensificato nel 2021, estendendosi alle vicine regioni degli Amara e degli Afar in ottobre. Migliaia di rifugiati eritrei in due campi nel Tigray sono stati coinvolti nel conflitto a luglio e costretti a fuggire. Più di 3 milioni di persone sono state costrette a fuggire all’interno del Paese e moltissimi altri hanno urgente bisogno di cibo e di altri aiuti, che le agenzie umanitarie hanno faticato a fornire a causa della mancanza di accesso e della precarietà della situazione dal punto di vista della sicurezza.

Rifugiati eritrei aspettano di ricevere aiuti umanitari nel campo rifugiati di Mai Aini nella regione dei Tigrè in Etiopia ©UNHCR/Petterik Wiggers.

Bangladesh

Quattro anni dopo essere fuggiti in Bangladesh dal Myanmar, i rifugiati Rohingya hanno affrontato uno dei loro anni più difficili. La pandemia di COVID-19 ha portato ulteriori restrizioni agli spostamenti nei campi di Cox’s Bazar, mentre un enorme incendio a marzo ha ridotto in cenere quasi 10.000 rifugi e ucciso 11 rifugiati. Una stagione dei monsoni particolarmente rigida ha scatenato subito dopo inondazioni estreme, costringendo circa 24.000 rifugiati ad abbandonare le loro case e mettendo in evidenza la minaccia rappresentata da cicloni più frequenti e intensi per via del cambiamento climatico. 

Bambini rifugiati Rohingya giocano dopo un forte acquazzone monsonico nel campo di Nayapara a Teknaf, nel Bangladesh orientale ©UNHCR/Amos Holder

Bangladesh

Quattro anni dopo essere fuggiti in Bangladesh dal Myanmar, i rifugiati Rohingya hanno affrontato uno dei loro anni più difficili. La pandemia di COVID-19 ha portato ulteriori restrizioni agli spostamenti nei campi di Cox’s Bazar, mentre un enorme incendio a marzo ha ridotto in cenere quasi 10.000 rifugi e ucciso 11 rifugiati. Una stagione dei monsoni particolarmente rigida ha scatenato subito dopo inondazioni estreme, costringendo circa 24.000 rifugiati ad abbandonare le loro case e mettendo in evidenza la minaccia rappresentata da cicloni più frequenti e intensi per via del cambiamento climatico. 

Bambini rifugiati Rohingya giocano dopo un forte acquazzone monsonico nel campo di Nayapara a Teknaf, nel Bangladesh orientale ©UNHCR/Amos Holder

Confini della Bielorussia

A partire dall’estate, migliaia di rifugiati e migranti sono entrati in Bielorussia, tentando di attraversare la Polonia, la Lituania e la Lettonia. Molti sono poi rimasti bloccati in aree forestali remote poiché le forze di confine li hanno ripetutamente respinti. Sono stati registrati circa 13 decessi a causa del gelo. Le autorità bielorusse hanno trasferito circa 2.000 persone in un magazzino a novembre, ma un numero imprecisato rimane nella foresta su entrambi i lati del confine, in gran parte tagliato fuori dall’assistenza ed esposto alle rigide condizioni invernali e alla minaccia dell’ipotermia.

Un bambino in un campo improvvisato allestito da rifugiati e migranti vicino al checkpoint di Bruzgi-Kuźnica al confine bielorusso-polacco il 18 novembre ©REUTERS/Kacper Pempel

Confini della Bielorussia

A partire dall’estate, migliaia di rifugiati e migranti sono entrati in Bielorussia, tentando di attraversare la Polonia, la Lituania e la Lettonia. Molti sono poi rimasti bloccati in aree forestali remote poiché le forze di confine li hanno ripetutamente respinti. Sono stati registrati circa 13 decessi a causa del gelo. Le autorità bielorusse hanno trasferito circa 2.000 persone in un magazzino a novembre, ma un numero imprecisato rimane nella foresta su entrambi i lati del confine, in gran parte tagliato fuori dall’assistenza ed esposto alle rigide condizioni invernali e alla minaccia dell’ipotermia.

Un bambino in un campo improvvisato allestito da rifugiati e migranti vicino al checkpoint di Bruzgi-Kuźnica al confine bielorusso-polacco il 18 novembre ©REUTERS/Kacper Pempel

Yemen

Dopo oltre sei anni di conflitto, la sopravvivenza è una lotta quotidiana per milioni di sfollati yemeniti. Quest’anno le ostilità si sono spostate nel governatorato di Marib, una regione che è stata a lungo un rifugio per le persone fuggite dagli scontri in altre parti del paese. Mentre le linee del fronte si avvicinano sempre più alle aree densamente popolate, compresi i campi per sfollati interni, decine di migliaia di persone sono state costrette a  fuggire. Per molte di loro, questa era la terza o quarta volta dall’inizio della guerra.

Uno dei rifugi improvvisati per sfollati interni nel campo di Al-Rawdah nella città di Marib ©UNHCR/YPN/Jihad al-Nahari

Yemen

Dopo oltre sei anni di conflitto, la sopravvivenza è una lotta quotidiana per milioni di sfollati yemeniti. Quest’anno le ostilità si sono spostate nel governatorato di Marib, una regione che è stata a lungo un rifugio per le persone fuggite dagli scontri in altre parti del paese. Mentre le linee del fronte si avvicinano sempre più alle aree densamente popolate, compresi i campi per sfollati interni, decine di migliaia di persone sono state costrette a  fuggire. Per molte di loro, questa era la terza o quarta volta dall’inizio della guerra.

Uno dei rifugi improvvisati per sfollati interni nel campo di Al-Rawdah nella città di Marib ©UNHCR/YPN/Jihad al-Nahari

Sahel Centrale

I gruppi estremisti hanno continuato a costringere le persone alla fuga nell’instabile regione africana del Sahel Centrale, che comprende Mali, Niger e Burkina Faso. Nel solo Burkina Faso, negli ultimi due anni, oltre  1,4 milioni di persone hanno dovuto lasciare le loro case, e gli attacchi ai civili e alle forze di sicurezza sono continuati durante tutto l’anno. Anche il Mali e il Niger hanno registrato un forte aumento della violenza e degli sfollati nel 2021.

Bambini giocano in un centro familiare per sfollati interni a Ouahigouya, Burkina Faso ©UNHCR/Benjamin Loyseau

Sahel Centrale

I gruppi estremisti hanno continuato a costringere le persone alla fuga nell’instabile regione africana del Sahel Centrale, che comprende Mali, Niger e Burkina Faso. Nel solo Burkina Faso, negli ultimi due anni, oltre 1,4 milioni di persone hanno dovuto lasciare le loro case, e gli attacchi ai civili e alle forze di sicurezza sono continuati durante tutto l’anno. Anche il Mali e il Niger hanno registrato un forte aumento della violenza e degli sfollati nel 2021.

Bambini giocano in un centro familiare per sfollati interni a Ouahigouya, Burkina Faso ©UNHCR/Benjamin Loyseau

COVID-19

Mentre il mondo è alle prese con nuove varianti di COVID-19 e nuove ondate di infezione, l’impatto della pandemia su rifugiati esfollati è stato particolarmente devastante. Nei Paesi a basso reddito, che ospitano la maggior parte delle persone costrette a fuggire, la disparità di accesso ai vaccini e la fragilità dei sistemi sanitari ha reso rifugiati e sfollati più vulnerabili alla malattia e alla morte. Al di là dei rischi per la salute, gli sfollati che contavano molto sull’economia informale sono stati spesso i primi a perdere il lavoro e la casa, aumentando la loro sofferenza e il rischio di sfruttamento.

Carlos e Rosiris, una coppia venezuelana che vive a Trinidad e Tobago, immortalata dopo la vaccinazione contro il COVID-19, 1° agosto 2021. ©UNHCR/Carla Bridglal 

COVID-19

Mentre il mondo è alle prese con nuove varianti di COVID-19 e nuove ondate di infezione, l’impatto della pandemia su rifugiati esfollati è stato particolarmente devastante. Nei Paesi a basso reddito, che ospitano la maggior parte delle persone costrette a fuggire, la disparità di accesso ai vaccini e la fragilità dei sistemi sanitari ha reso rifugiati e sfollati più vulnerabili alla malattia e alla morte. Al di là dei rischi per la salute, gli sfollati che contavano molto sull’economia informale sono stati spesso i primi a perdere il lavoro e la casa, aumentando la loro sofferenza e il rischio di sfruttamento.

Carlos e Rosiris, una coppia venezuelana che vive a Trinidad e Tobago, immortalata dopo la vaccinazione contro il COVID-19, 1° agosto 2021. ©UNHCR/Carla Bridglal 

Siria

Quest’anno ha segnato un decennio dall’inizio della crisi che ha costretto milioni di siriani a fuggire dalle loro case, in quella che rimane la più grande crisi di rifugiati al mondo. La pandemia da COVID-19 e una crisi economica in Libano e in altri Paesi della regione hanno spinto molti rifugiati siriani e le loro comunità di accoglienza nella povertà, spazzando via posti di lavoro e mezzi di sussistenza. All’interno della Siria, più di 6,7 milioni di persone rimangono sfollate e milioni di siriani hanno bisogno di assistenza umanitaria.

Un bambino attraversa il campo rifugiati di Al-Rahma nel nord-ovest della Siria durante una violenta tempesta di vento che ha colpito la zona il 1° dicembre ©DPA/Anas Alkharboutli

Siria

Quest’anno ha segnato un decennio dall’inizio della crisi che ha costretto milioni di siriani a fuggire dalle loro case, in quella che rimane la più grande crisi di rifugiati al mondo. La pandemia da COVID-19 e una crisi economica in Libano e in altri Paesi della regione hanno spinto molti rifugiati siriani e le loro comunità di accoglienza nella povertà, spazzando via posti di lavoro e mezzi di sussistenza. All’interno della Siria, più di 6,7 milioni di persone rimangono sfollate e milioni di siriani hanno bisogno di assistenza umanitaria.

Un bambino attraversa il campo rifugiati di Al-Rahma nel nord-ovest della Siria durante una violenta tempesta di vento che ha colpito la zona il 1° dicembre ©DPA/Anas Alkharboutli

Emergenza climatica

Nel 2021, in ogni regione del mondo, il cambiamento climatico ha continuato sia a causare sfollamenti che a rendere ancora più precaria la vita di chi è già costretto a fuggire. Dalla siccità in Afghanistan, alle inondazioni nel Sud Sudan, alle lotte tra comunità per la diminuzione delle risorse idriche in Camerun, il cambiamento climatico ha contribuito ad aumentare la povertà, l’instabilità, i conflitti e i movimenti umani. Alla conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP26) tenutasi a Glasgow a novembre, la questione delle migrazioni legate al clima era all’ordine del giorno, ma non è stato raggiunto un accordo significativo sulle azioni da intraprendere per proteggere gli sfollati dalle conseguenze dei cambiamenti climatici. 

Un pastore Fulani abbevera i suoi animali al lago Mahmouda, in Mauritania. Il cambiamento climatico sta minacciando i mezzi di sussistenza delle comunità intorno al lago, compresi i pescatori maliani che sono fuggiti lì per sottrarsi all’impatto dei cambiamenti climatici nel loro stesso paese ©UNHCR/Colin Delfosse

Emergenza climatica

Nel 2021, in ogni regione del mondo, il cambiamento climatico ha continuato sia a causare sfollamenti che a rendere ancora più precaria la vita di chi è già costretto a fuggire. Dalla siccità in Afghanistan, alle inondazioni nel Sud Sudan, alle lotte tra comunità per la diminuzione delle risorse idriche in Camerun, il cambiamento climatico ha contribuito ad aumentare la povertà, l’instabilità, i conflitti e i movimenti umani. Alla conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP26) tenutasi a Glasgow a novembre, la questione delle migrazioni legate al clima era all’ordine del giorno, ma non è stato raggiunto un accordo significativo sulle azioni da intraprendere per proteggere gli sfollati dalle conseguenze dei cambiamenti climatici. 

Un pastore Fulani abbevera i suoi animali al lago Mahmouda, in Mauritania. Il cambiamento climatico sta minacciando i mezzi di sussistenza delle comunità intorno al lago, compresi i pescatori maliani che sono fuggiti lì per sottrarsi all’impatto dei cambiamenti climatici nel loro stesso paese ©UNHCR/Colin Delfosse

Mozambico settentrionale

A marzo, un brutale attacco di un gruppo armato alla città costiera di Palma, nel Mozambico settentrionale, ha causato la fuga di circa 70.000 persone, portando il numero totale degli sfollati nella provincia di Cabo Delgado a quasi 800.000 individui. Migliaia di persone sono fuggite a Pemba, il capoluogo di provincia, mentre altri hanno tentato di attraversare il vicino confine con la Tanzania per chiedere asilo, ma sono stati respinti.

Teresa, 82 anni, è fuggita dalle violenze a Mocimboa da Praia con la sua famiglia e si è nascosta nella foresta per un mese prima di trovarsi al sicuro, in un sito per sfollati interni a Cabo Delgado, nel Mozambico settentrionale ©UNHCR/Martim Grey Pereira.

Mozambico settentrionale

A marzo, un brutale attacco di un gruppo armato alla città costiera di Palma, nel Mozambico settentrionale, ha causato la fuga di circa 70.000 persone, portando il numero totale degli sfollati nella provincia di Cabo Delgado a quasi 800.000 individui. Migliaia di persone sono fuggite a Pemba, il capoluogo di provincia, mentre altri hanno tentato di attraversare il vicino confine con la Tanzania per chiedere asilo, ma sono stati respinti.

Teresa, 82 anni, è fuggita dalle violenze a Mocimboa da Praia con la sua famiglia e si è nascosta nella foresta per un mese prima di trovarsi al sicuro, in un sito per sfollati interni a Cabo Delgado, nel Mozambico settentrionale ©UNHCR/Martim Grey Pereira.

Repubblica Democratica del Congo

Molteplici focolai di conflitto e violenza hanno colpito diverse parti della Repubblica Democratica del Congo nel 2021, costringendo altre migliaia di persone a fuggire in un Paese che conta già 5,6 milioni di sfollati interni. Le province orientali dell’Ituri e del Nord e del Sud Kivu erano particolarmente instabili e caratterizzate da atrocità contro i civili perpetrate da decine di gruppi armati in lotta per il controllo del territorio. A maggio, l’eruzione vulcanica del Monte Nyiragongo, vicino alla città di Goma, ha lasciato altre migliaia di persone senza casa.

Una giovane ragazza accanto ai rifugi di emergenza per sfollati recenti in un sito a Masisi, nel Nord Kivu ©UNHCR/Sanne Biesmans

Repubblica Democratica del Congo

Molteplici focolai di conflitto e violenza hanno colpito diverse parti della Repubblica Democratica del Congo nel 2021, costringendo altre migliaia di persone a fuggire in un Paese che conta già 5,6 milioni di sfollati interni. Le province orientali dell’Ituri e del Nord e del Sud Kivu erano particolarmente instabili e caratterizzate da atrocità contro i civili perpetrate da decine di gruppi armati in lotta per il controllo del territorio. A maggio, l’eruzione vulcanica del Monte Nyiragongo, vicino alla città di Goma, ha lasciato altre migliaia di persone senza casa.

Una giovane ragazza accanto ai rifugi di emergenza per sfollati recenti in un sito a Masisi, nel Nord Kivu ©UNHCR/Sanne Biesmans

Pakistan

Come rifugiata afghana in Pakistan, Seleema Rehman ha dovuto abbattere molteplici barriere per ottenere un’istruzione e realizzare il suo sogno di studiare medicina. Dopo aver ottenuto una borsa di studio universitaria ed essersi specializzata come ginecologa nel 2020, Seleema si è trovata in prima linea nella risposta al COVID-19 curando le donne incinte affette dal virus. Quest’anno ha realizzato il sogno di una vita aprendo la sua clinica ad Attock per offrire assistenza sanitaria a prezzi accessibili ai rifugiati e alle donne del posto. Per il suo impegno nei confronti della sua comunità, Seleema è stata scelta come vincitrice regionale per l’Asia per il Nansen Refugee Award 2021 dell’UNHCR.

La dottoressa Saleema Rehman durante una visita alla scuola che frequentava da bambina ad Attock, Pakistan ©UNHCR/Amsal Naeem

Pakistan

Come rifugiata afghana in Pakistan, Seleema Rehman ha dovuto abbattere molteplici barriere per ottenere un’istruzione e realizzare il suo sogno di studiare medicina. Dopo aver ottenuto una borsa di studio universitaria ed essersi specializzata come ginecologa nel 2020, Seleema si è trovata in prima linea nella risposta al COVID-19 curando le donne incinte affette dal virus. Quest’anno ha realizzato il sogno di una vita aprendo la sua clinica ad Attock per offrire assistenza sanitaria a prezzi accessibili ai rifugiati e alle donne del posto. Per il suo impegno nei confronti della sua comunità, Seleema è stata scelta come vincitrice regionale per l’Asia per il Nansen Refugee Award 2021 dell’UNHCR.

La dottoressa Saleema Rehman durante una visita alla scuola che frequentava da bambina ad Attock, Pakistan ©UNHCR/Amsal Naeem