Con le borse di studio offerte dalle università in Botswana, gli studenti rifugiati guardano avanti verso un futuro più sicuro nel paese che ora chiamano casa.
Le ragazze sono le uniche rifugiate nella loro classe universitaria. Sono le destinatarie delle borse di studio istituite di recente che offrono opportunità ai rifugiati nella capitale del Botswana, Gaborone.
“La vita sembra più sicura di quanto non fosse prima di venire all’università… possiamo fare piani per il futuro”, ha detto Linda, che ha lasciato il Burundi da bambina con sua madre nel 1998 per il Sudafrica. Dieci anni dopo, sono state costrette a fuggire in Botswana a causa dei disordini che colpivano i cittadini stranieri nel loro quartiere di Johannesburg.
L’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, e il suo partner, Skillshare, si sono adoperati per espandere le opportunità per gli studenti rifugiati che ottengono buoni risultati, e stanno collaborando con le istituzioni di istruzione superiore e il settore privato in Botswana per offrire borse di studio a un numero crescente di studenti stranieri che, come Xolile, 19 anni, e Linda, 22 anni, ricevono voti alti alle scuole superiori.
I rifugiati in Botswana frequentano le scuole primarie e secondarie insieme ai loro coetanei Batswana. Molti eccellono negli studi, ma le loro opzioni dopo la scuola secondaria sono limitate. Il governo offre borse di studio per l’istruzione superiore per coprire tutti o parte dei costi di iscrizione per gli studenti locali i cui voti raggiungono la soglia richiesta, e alcune università offrono borse di studio agli studenti provenienti da famiglie a basso reddito. Ma i rifugiati tradizionalmente non avevano queste opportunità. La maggior parte proviene da famiglie che non possono permettersi un’istruzione superiore, così finiscono di nuovo nel campo rifugiati di Dukwi, dove vivono quasi tutti i 1.010 rifugiati del Botswana. Lì hanno poche opportunità di lavoro.
“È difficile essere un bambino in un campo rifugiati”, ha detto Xolile, 19 anni, che è fuggita dai disordini sociali in Zimbabwe nel 2008 con sua madre e sua sorella. “I miei amici non ci sono più. Sono stati reinsediati in paesi terzi o sono tornati in Zimbabwe. Il nostro futuro è qui, come medici”.
Nell’ultimo anno, il numero di posti universitari offerti ai rifugiati si è moltiplicato. Lo scorso settembre, 15 studenti rifugiati hanno potuto iscriversi con borse di studio. È un piccolo numero, ma rappresenta un enorme cambiamento nel modo in cui gli studenti rifugiati sono trattati in questo paese di 2,3 milioni di persone.
Serve anche a ricordare la domanda di opportunità di istruzione superiore da parte delle persone costrette a fuggire in tutto il mondo, che i settori no-profit, pubblico e privato potrebbero aiutare a soddisfare.
Nelle comunità di rifugiati di tutto il mondo, il desiderio di studiare è evidente come a Dukwi. I progressi fatti non stanno al passo con la domanda, e mentre più del 77% dei bambini rifugiati sono iscritti alla scuola primaria, questa percentuale scende al 31% per la scuola secondaria, mentre solo il 3% dei giovani rifugiati riceve un’istruzione superiore.
E il COVID-19 minaccia di invertire i piccoli passi in avanti che sono stati fatti. Per le ragazze in particolare, la situazione è desolante. In tutto il mondo, molte famiglie si sentono costrette a spingere le loro figlie al matrimonio precoce o a lavorare a causa dell’impatto economico della pandemia.
Haskins, 25 anni, è fuggito dallo Zimbabwe nel 2008 e sogna di dare qualcosa in cambio al paese che ha dato rifugio alla sua famiglia. Ora è l’unico studente nato all’estero nella sua classe alla Botho University di Gaborone, dove studia gestione aziendale. Dopo la laurea, spera di restare nella capitale e di provvedere a sua madre e a suo fratello minore.
“Voglio una vita migliore per tutti noi”, ha detto.
Haskins è il primo rifugiato a ricevere una borsa di studio dall’Università di Botho, ma la scuola prevede di offrirne altre.
Il Vice Rettore Golekanye Setume vede queste borse di studio come un investimento nella comunità e nel futuro del Botswana.
“Vedo l’integrazione di Haskins nel corpo studentesco quasi interamente Batswana come un primo passo verso il successo. L’anno prossimo, con il sostegno dell’UNHCR, avremo due posti invece di uno”, ha detto.
Haskins, Linda e Xolile ora si sentono coinvolti nel paese, e vedono il loro tempo all’università come una transizione verso un futuro più sicuro, perchè potranno lavorare nella capitale.
“Mi sento come un Motswana”, ha detto Haskins.
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