L’UNHCR, l’Agenzia ONU per i Rifugiati, condanna fermamente l’ultimo attacco da parte di gruppi armati che ha ucciso almeno 138 civili in Burkina Faso. Si tratta dell’attacco più letale dal 2015.
Il 5 giugno, uomini armati hanno attaccato il villaggio di Solhan nella regione nord-orientale del Sahel in Burkina Faso, vicino al confine con il Niger. Gli assalitori hanno preso d’assalto il villaggio in piena notte e hanno giustiziato 138 uomini, donne e bambini. Le case e il mercato sono stati dati alle fiamme. Circa 40 persone sono state gravemente ferite e portate negli ospedali della regione e della capitale, Ouagadougou.
Più di 3.300 persone sono fuggite nei vicini villaggi di Sebba e Sampelga per salvarsi la vita. Fra questi, oltre 2.000 bambini e 500 donne. Sono arrivati con poco o niente. La maggior parte è stata accolta generosamente da famiglie locali che stanno condividendo quel poco che hanno.
I nuovi arrivati hanno urgente bisogno di acqua e servizi igienici, di un riparo, di aiuti essenziali e di cure mediche. Le autorità hanno consegnato quasi 400 tonnellate di cibo e migliaia di generi di primo soccorso, mentre i partner dell’UNHCR stanno fornendo assistenza medica e supporto psicosociale.
In stretta collaborazione con le autorità locali, i nostri team e partner stanno costruendo 200 rifugi e assistendo i nuovi sfollati e altri civili colpiti dall’attacco. Ma servono risorse aggiuntive.
Questa violenza estrema giunge solo poche settimane dopo che degli uomini armati hanno sparato contro i veicoli dell’UNHCR e dei partner sulla strada tra la città di Dori e il campo di Goudoubo, dove risiedono circa 12.200 rifugiati e richiedenti asilo del Mali. Nessuno è stato ferito, ma la crescente insicurezza e la presenza di gruppi armati in diverse regioni del Burkina Faso ostacolano sempre più la consegna degli aiuti e la protezione di chi ne ha bisogno.
L’UNHCR è vicina alle famiglie delle vittime, alla popolazione e al governo del Burkina Faso. Chiede un’azione concertata per rafforzare la protezione dei civili e ricorda a tutte le parti che le organizzazioni umanitarie stanno operando interventi salvavita in modo indipendente e imparziale.
Dal 2019 la violenza nel paese ha costretto più di 1,2 milioni di burkinabé a lasciare le proprie case. Già quest’anno, circa 150.000 persone sono state sfollate all’interno del Paese. L’84% di queste sono donne, che affrontano un alto rischio di violenza di genere, o bambini, la metà dei quali ha riferito di aver subito violenze fisiche e abusi. Oltre agli sfollati interni, il Burkina Faso continua a ospitare generosamente più di 22.000 rifugiati e richiedenti asilo, provenienti soprattutto dal Mali.
Anche i vicini paesi del Sahel centrale, Mali e Niger, hanno sperimentato un forte aumento della violenza e degli esodi forzati. Il Mali ospita 372.000 sfollati interni, un aumento del 7% dall’inizio dell’anno.
In totale, in Niger vivono 237.000 rifugiati e 300.000 sfollati interni, con un aumento di 4.000 rifugiati e 2.000 sfollati interni dall’inizio dell’anno a seguito di un aumento degli attacchi nelle regioni di Tillabéri e Tahoua. In totale, circa 300 civili sono stati uccisi dall’inizio dell’anno in tre grandi attacchi. Fra le vittime vi sono stati molti sfollati interni e alcuni rifugiati maliani.
Sono urgentemente necessarie più risorse per affrontare i bisogni umanitari crescenti. Il livello dei finanziamenti per la risposta dell’UNHCR rimane infatti ancora criticamente troppo basso. Il fabbisogno di fondi dell’UNHCR per i paesi del Sahel centrale Burkina, Mali e Niger nel 2021 è di 259,3 milioni di dollari. Finora è stato ricevuto solo un quarto dei fondi richiesti.
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