Per 50.000 persone precedentemente apolidi in Uzbekistan, la cittadinanza significa poter fare viaggi all’estero, avere il diritto di voto e ottenere una ritrovata dignità.
“Mi sentivo come se fossi parte di una famiglia, ma comunque un orfano; come se questo paese non mi accettasse”, dice. “Sono uzbeko. Sono cresciuto in Uzbekistan, ho studiato qui, amo questo paese”.
Ora l’atleta diventato istruttore di taekwondo spera di poter presto viaggiare per vedere i suoi allievi competere all’estero. Nell’aprile di quest’anno, dopo essere stato apolide per 28 dei suoi 29 anni, è finalmente diventato cittadino uzbeko.
“È impossibile descrivere la sensazione. È come nascere di nuovo”, dice con un ampio sorriso.
Fino a poco tempo fa, l’Uzbekistan aveva uno dei più alti tassi di apolidia del mondo, con 97.346 casi documentati. Ma grazie a una nuova legge che è entrata in vigore nell’aprile 2020, quasi 50.000 persone precedentemente apolidi sono ora idonee a diventare cittadini. La legge si applica a coloro che avevano ottenuto la residenza permanente nel paese prima del 1995.
Recentemente l’Uzbekistan ha anche modificato le sue procedure di registrazione delle nascite per garantire che tutti i bambini siano registrati, compresi quelli nati da genitori senza documenti.
Nel suo discorso annuale al parlamento dell’Uzbekistan il 29 dicembre, il presidente Shavkat Mirziyoyev ha annunciato che nel 2021 il governo avrebbe rafforzato i suoi sforzi per porre fine all’apolidia nel paese.
Secondo una nuova iniziativa presentata in quel discorso, le persone che si sono trasferite in Uzbekistan prima del 2005 e che vivono nel paese da allora avranno diritto a diventare cittadini. Circa 20.000 persone saranno in grado di risolvere la loro apolidia e diventare cittadini secondo l’iniziativa.
In tutto il mondo, milioni di apolidi affrontano una vita di esclusione e discriminazione. Non possono votare e spesso non possono accedere all’istruzione, ottenere cure mediche, viaggiare all’estero, cercare un lavoro o anche comprare una scheda SIM per il cellulare. Anche se sono 4,2 milioni le persone conosciute per essere apolidi a livello globale, il numero reale è probabilmente molto più alto, poiché meno della metà dei paesi raccoglie dati sulle popolazioni apolidi.
L’Uzbekistan è tra i cinque stati dell’Asia centrale, tra cui Kazakistan, Repubblica del Kirghizistan, Tagikistan e Turkmenistan, che hanno fatto passi significativi per prevenire e ridurre l’apolidia negli ultimi anni, con il supporto dell’UNHCR, l’agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, e la sua campagna #IBelong per porre fine all’apolidia entro il 2024. Nei sei anni dall’inizio della campagna, circa 83.000 apolidi della regione hanno acquisito una nazionalità.
L’apolidia in Asia centrale può – nella maggior parte dei casi – essere fatta risalire alla dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991. In precedenza, le frontiere erano aperte e un passaporto sovietico garantiva alle persone la libertà di muoversi tra le repubbliche. Nelle regioni di confine, in particolare, le identità nazionali erano fluide e i viaggi praticamente senza restrizioni.
Mukhamadjon è nato da genitori di etnia uzbeka nella Repubblica del Kirghizistan nell’agosto 1991, appena quattro mesi prima del crollo dell’Unione Sovietica. Sua madre veniva da Namangan, una città uzbeka vicina al confine kirghiso, mentre suo padre era un uzbeko nato in Kirghizistan. La distanza tra le loro città era di soli 60 chilometri e, prima del 1991, la coppia viaggiava spesso attraverso il confine invisibile tra le due repubbliche sovietiche.
Verso la fine del 1992, la famiglia si trasferì a Namangan, ma era troppo tardi per chiedere la cittadinanza. Una nuova legge stabiliva che solo coloro che avevano la residenza permanente in Uzbekistan prima del 1° maggio di quell’anno potevano diventare cittadini. Il figlio della coppia, Mukhamadjon, divenne apolide.
Inizialmente, il suo status non ha influenzato la sua vita. Gli apolidi in Uzbekistan mantengono la maggior parte dei diritti dei cittadini, escluso il diritto di votare e candidarsi. Ma devono affrontare ostacoli significativi quando si tratta di attraversare le frontiere.
Non tutti i paesi riconoscono i “passaporti grigi” – un documento di viaggio rilasciato agli apolidi dal governo dell’Uzbekistan. Di conseguenza, richiedere un visto per l’estero può essere arduo e richiedere molto tempo. Per Mukhamadjon, che viveva in una città a quasi 300 chilometri dalla capitale Tashkent, era una barriera difficile da superare.
“Ero il campione uzbeko di kickboxing e c’erano momenti in cui il mio allenatore voleva mandarmi ai campionati internazionali all’estero, ma… c’erano sempre problemi con il visto”, dice. “Quando si trattava della mia carriera sportiva, era un ostacolo”.
Gulchehra Dadabaeva è nata in Kirghizistan ma si è trasferita in Uzbekistan per studiare infermieristica nel 1991, giusto in tempo per avere diritto alla cittadinanza e al nuovo passaporto uzbeko. La 46enne ha presentato la sua domanda di passaporto insieme al suo vecchio passaporto dell’URSS, ma invece le è stato inviato un documento d’identità per apolidi che le è stato detto le avrebbe garantito gli stessi diritti di un cittadino.
Inizialmente, Gulchehra non si rese conto che non sarebbe mai stata in grado di visitare i suoi genitori, che vivevano appena oltre il confine in Kirghizistan. È rimasta apolide per 28 anni, lo stesso tempo che ha dedicato al suo lavoro di infermiera nel reparto di chirurgia di un ospedale di Namangan.
“Non potevo andare in Kirghizistan o in qualsiasi altro paese. I miei genitori venivano a trovarmi”, dice.
Come Mukhamadjon, i documenti necessari e il viaggio a Tashkent per richiedere i documenti di viaggio e il visto sono stati i maggiori impedimenti. “Lavoro e ho dei figli di cui prendermi cura”, sottolinea.
Dopo l’introduzione della nuova legge, Gulchehra ha finalmente ricevuto il suo passaporto nell’ottobre 2020 e ha potuto fare visita ai suoi genitori.
Ora, non vede l’ora di votare alle prossime elezioni presidenziali. “È importante per me”, dice. “Voterò per la prima volta nella mia vita”.
Mentre la sua carriera come campione di kickboxing è finita, Mukhamadjon spera che un giorno sentirà risuonare l’inno nazionale dell’Uzbekistan per uno dei suoi allievi. Due di loro hanno già partecipato a campionati internazionali.
“Gli sportivi hanno sempre sentimenti patriottici più forti delle altre persone, perché rappresentano il paese”, dice, seduto nel corridoio della Federazione di Taekwondo dell’Uzbekistan prima del combattimento di uno dei suoi studenti.
“Si è aperto un nuovo mondo davanti a me, ma io voglio rimanere in Uzbekistan e allenare i miei studenti. Dimostrerò che la concessione della cittadinanza è stata una buona decisione”.
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