Più di 40.000 rifugiati etiopi sono fuggiti dalla crisi del Tigrè verso il Sudan orientale, senza alcun segno di rallentamento nei nuovi arrivi. Molti sperano con ansia di ricongiungersi alle loro famiglie.
“Mia figlia maggiore è partita con la sorella minore. Non so dove siano. Sono passate settimane e non ho più avuto loro notizie”, ha detto Lezabu, che attualmente si trova in un centro di accoglienza a Hamdayet, vicino al confine orientale del Sudan con l’Etiopia, dove i rifugiati continuano ad arrivare a migliaia.
La contadina 38enne è fuggita dalla sua piccola città di circa 42.000 abitanti, dopo l’inizio degli scontri.
“Credo che quel giorno siano state uccise centinaia di persone”, ha aggiunto.
Anche Anna*, operatrice sanitaria che lavorava in una clinica quando sono iniziati gli attacchi, è fuggita quando gli scontri si sono avvicinati.
“Abbiamo sentito delle urla e abbiamo capito che dovevamo scappare per salvarci la vita”, ha detto.
Quella notte Anna è fuggita con la sua famiglia insieme a un vicino di casa, che ha trasportato tutti con il suo trattore. Ma degli uomini armati hanno teso loro un’imboscata, costringendoli a fuggire nella direzione opposta. Si è separata dai figli e dal marito, finendo nella città di Humera, dove, aveva sentito dire, sarebbero stati più al sicuro.
“Appena arrivati in città, abbiamo visto qualcuno che veniva colpito alla testa, proprio davanti a noi”, dice, rabbrividendo. “Abbiamo visto molti saccheggi, la gente rubava nelle case. Eravamo molto spaventati”.
Dopo cinque giorni passati a nascondersi a Humera, è riuscita a trovare una strada sicura per attraversare il confine con il Sudan.
Lezabu e Anna sono tra i rifugiati arrivati di recente a Hamdayet. Oltre 5.000 donne, bambini e uomini sono fuggiti dagli scontri in corso durante il fine settimana, portando ad oltre 40.000 il numero di rifugiati etiopi che si sono riversati in Sudan da quando è scoppiata la crisi all’inizio di novembre.
L’UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati, e i suoi partner stanno consegnando e distribuendo aiuti salvavita, compresi pasti caldi, acqua e servizi igienici. Il personale del valico di frontiera di Hamdayet nello Stato di Kassala e del valico di Lugdi nello Stato di Gedaref, registrano ogni giorno migliaia di nuovi arrivi.
I rifugiati più vulnerabili, tra cui gli anziani, le donne incinte e in allattamento e i bambini, ricevono un’assistenza speciale, compresa l’alimentazione supplementare.
Ma la risposta umanitaria continua ad affrontare sfide logistiche.
Il trasferimento dei rifugiati lontano dal confine è ostacolato da problemi logistici e dalle distanze, limitando il numero di persone trasferite al campo di Um Rakuba a Gedaref, a circa 80 chilometri all’interno del Sudan.
“Abbiamo una sfida che è principalmente il trasferimento dei rifugiati. Il processo dura più di 15 ore da questo centro di accoglienza a Um Raquba”, ha spiegato Mamoun Abuarqub, coordinatore delle emergenze dell’UNHCR che supervisiona la situazione.
Mentre sempre più persone continuano ad arrivare in Sudan, i rifugiati come Filimon stanno cercando di venire a patti con la situazione.
“Non ci saremmo mai aspettati di diventare rifugiati. Non ci saremmo mai aspettati queste cose perché eravamo in condizioni di sicurezza”, ha detto Filimon. “Stavamo crescendo e cercavamo di aiutare le nostre famiglie. Non ce lo saremmo mai aspettati, ve lo posso dire con certezza”.
Robert, adolescente e studente al college, annuiva. “Tutto andava bene. Ma ora ho perso mia madre e mia sorella nella follia di questa situazione”, ha detto. “Spero solo che ritroveremo la pace”.
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