Dopo essere stata apolide per tutta la vita, nel 2018 Linda ha finalmente ottenuto la cittadinanza russa. Ma centinaia di migliaia di altre persone in tutta Europa lottano ancora per vedersi riconosciuto questo diritto fondamentale.
Nonostante ciò, per molti anni ha dovuto fare i conti con una difficoltà che avrebbe scoraggiato molti: è stata priva di nazionalità. Non era cittadina della Russia, il Paese in cui è nata, né del Paese natale di sua madre in Medio Oriente.
La maggior parte delle persone dà per scontata la propria identità nazionale, ma senza documenti ogni cosa per Linda era più difficile – dall’apertura di un conto in banca all’acquisto di una carta SIM, all’affitto di un appartamento.
Doveva costantemente spiegare la sua condizione, un fatto che a volte trovava “frustrante ed estenuante”. Nonostante tutto, però, ha sempre cercato di affrontare le cose con filosofia.
“Il mio passato non è fatto solo di battaglie burocratiche… ho vissuto molte esperienze, e ho imparato ad accettare la vita così com’è, con i suoi pro e i suoi contro” afferma.
Nel mondo, sono milioni le persone apolidi. Nella sola Europa se ne contano almeno 500.000.
Come nel caso di Linda, molti sono nati nel Paese che non li riconosce come propri cittadini. Altri invece diventano apolidi perché costretti a migrare o a fuggire dal proprio Paese come rifugiati, mentre altri ancora non riescono ad acquisire la cittadinanza nel Paese in cui ne hanno diritto.
Linda ha frequentato la scuola, ma molte persone apolidi devono lottare per ottenere un’istruzione, consultare un medico, trovare lavoro o viaggiare. Anche cose fondamentali come affittare una casa o sposarsi possono diventare impossibili.
Nel mese di novembre ricorre per l’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, il sesto anniversario della campagna decennale #IBelong per porre fine all’apolidia.
L’evento ricorre in un momento in cui la pandemia di COVID-19 ha ulteriormente complicato per molti apolidi l’accesso all’assistenza sanitaria e al lavoro, evidenziando ancora di più la necessità di arrivare a una tempestiva risoluzione del problema dell’apolidia.
“Molti governi hanno fatto grandi progressi dall’inizio della campagna. Ma se vogliamo sradicare l’apolidia a livello globale entro il 2024, dobbiamo intensificare i nostri sforzi fin da subito. In ultima analisi, è una questione di volontà politica”, ha dichiarato la portavoce dell’UNHCR Shabia Mantoo.
In alcuni casi, l’apolidia in Europa non è altro che un riflesso della storia del continente. La vita di Sergio ne è un esempio. Nato nel 1946 in un campo per rifugiati in Germania all’indomani della Seconda Guerra Mondiale da padre sovietico e madre tedesca, non ha acquisito la nazionalità tedesca.
Quando era ancora piccolo, si è trasferito con la famiglia in Argentina. Lì è cresciuto e si è sposato con una donna argentina con cui ha avuto sette figli. Nel 2008 la coppia si è trasferita in Spagna, cosa che è stata possibile per Sergio grazie a uno speciale permesso di viaggio per stranieri rilasciatogli dal governo di Buenos Aires. I coniugi si sono stabiliti a Ibiza con alcuni dei loro figli adulti che già vivevano lì.
Durante il decennio successivo, Sergio ha cercato di ottenere la cittadinanza argentina, tedesca e russa, ma senza riuscirci.
“Per gli argentini sono tedesco. Per i tedeschi, sono russo. I russi dicono che mio padre è nato in Armenia e l’Armenia non ha nessun mio documento, quindi non piaccio neanche a loro. Sono apolide”, ha dichiarato.
Non potendo lavorare, aprire un conto in banca e nemmeno recarsi in Spagna, Sergio, sull’orlo della disperazione, si è rivolto all’UNHCR ed è stato finalmente riconosciuto apolide dalle autorità spagnole nel giugno 2019, un primo passo fondamentale per ottenere la cittadinanza in quel paese.
Linda, invece, aveva un certificato che ne attestava la nascita a Mosca. Ma sua madre, arrivata dal Medio Oriente come studentessa straniera per studiare giornalismo, era apolide e Linda ne ha acquisito lo status legale.
La madre di Linda ha ottenuto un dottorato in filologia presso l’Università statale di Lomonosov di Mosca ma, essendo apolide, non ha potuto perseguire la carriera accademica cui aveva diritto.
Essendo cresciuta a Mosca, Linda riteneva di poter acquisire facilmente la cittadinanza, ma ha dovuto aspettare. Per anni ha dovuto portare con sé un libretto scolastico ovunque andasse a conferma della sua identità.
Nonostante gli ostacoli che ha dovuto affrontare, ha cercato di vivere seguendo il suo motto: “Cogli il meglio da ogni istante”.
“Il 10 novembre 2018, ho ricevuto una lettera che mi informava che mi era stata concessa la cittadinanza russa. È stato un momento molto emozionante… ho sentito finalmente di esistere”, ha dichiarato.
Sua madre è diventata cittadina russa un anno dopo. Il loro sogno è di poter viaggiare un giorno per il mondo e ora, grazie alla cittadinanza acquisita, quel sogno potrebbe avverarsi presto.
(Ulteriori informazioni da Rosa Otero a Ibiza, Spagna)
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