Una rifugiata ugandese sta usando lo yoga per promuovere l’accettazione di sé e il benessere mentale tra i rifugiati del campo di Kakuma.
Vestita con una maglia giallo brillante che completa il suo sorriso, Rita è pronta per il suo corso di yoga online che attira centinaia di spettatori rifugiati e kenioti.
Presto si unisce a lei Sylvain, uno dei suoi nuovi studenti di yoga. Si scambiano convenevoli, si scaldano e si mettono nella posa della montagna, una delle posizioni standard dello yoga. La lezione è iniziata.
Sylvain, un rifugiato congolese, ha manifestato interesse per lo yoga dopo aver visto le sessioni di Rita su Facebook, prima di rivolgersi a lei per le lezioni individuali.
“Sento un cambiamento nel mio corpo”, dice. “La mia mente è sempre rilassata e mi sento rinvigorito dopo ogni seduta”.
Prima della pandemia di COVID-19, Rita teneva corsi di persona per i rifugiati e gli operatori umanitari nel campo di Kakuma e nell’adiacente insediamento di Kalobeyei, che ospita 200.000 persone. Da quando sono state imposte misure di distanziamento fisico, ha proseguito i corsi online attraverso Zoom e Facebook, raggiungendo un pubblico ancora più ampio e diversificato.
“Alcune persone pensano che le pose siano ritoccate con Photoshop, ma non lo sono”, dice Rita, 28 anni, fuggita dalla violenza in Uganda da bambina. Lei e la sorella gemella Dorine sono fuggite da sole, orfane, all’età di sette anni, dopo aver assistito all’omicidio dei loro genitori. Suo padre, dice, è morto per difendere la sua famiglia dal gruppo armato che ha attaccato il loro villaggio, lasciando distruzione e morte sulla sua scia.
Dopo aver partecipato a una sfida di yoga online chiamata ‘Sweat Serve Share’, offre ora corsi di yoga e meditazione ad un pubblico che arriva fino agli Stati Uniti. È diventato più di un esercizio di benessere fisico, è ciò che la fa andare avanti.
“Lo yoga mi ha cambiato spiritualmente, mentalmente ed emotivamente”, dice, spiegando come le ha giovato. “Mi ha aiutato a praticare l’auto-accettazione e a vedere le opportunità di essere una persona migliore nonostante gli ostacoli che ho incontrato”.
Alcune ricerche suggeriscono che lo yoga migliori il benessere sociale e può anche migliorare alcuni sintomi della depressione e dei disturbi del sonno.
Rita aggiunge che lo yoga l’ha anche aiutata ad affrontare le difficoltà di crescere in un campo rifugiati per molti anni, senza genitori. Ora, mamma di un bambino, con un diploma in studi sociali, è arrivata ad accettare la sua vita.
“Qui ho iniziato i miei studi, ho trovato rifugio e ho trovato l’amore”, dice. “Invece di lamentarmi, ho deciso di prendere le sfide e gli ostacoli come un’opportunità e un nuovo inizio nella mia vita”.
Rita è tra i primissimi maestri di yoga rifugiati nel campo, dopo essere stata reclutata l’anno scorso nell’Africa Yoga Project, un’organizzazione su base comunitaria che educa e responsabilizza i giovani rifugiati in Africa attraverso lo yoga.
Le iniziative personali come quella di Rita per affrontare la salute mentale sono in linea con le priorità dell’UNHCR, l’Agenzia ONU per i Rifugiati, di garantire l’accesso alla salute mentale per i rifugiati nel campo.
“Affrontare la salute mentale non inizia con le organizzazioni, inizia a casa. Inizia da come vediamo noi stessi, da come iniziamo la nostra giornata, da come interagiamo con gli altri e dalle relazioni che manteniamo”, dice Lynn Waithera, psicologa del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati (JRS), partner dell’UNHCR. “È un problema universale che può essere affrontato da chiunque e da tutti”.
Come parte della sua risposta al COVID-19, l’UNHCR e le agenzie partner come il JRS hanno intensificato l’accesso ai servizi di salute mentale per i rifugiati e le comunità ospitanti a Kakuma e nell’adiacente insediamento integrato di Kalobeyei.
Durante la pandemia e il conseguente isolamento, i consulenti psicosociali hanno fornito consulenza virtuale ai rifugiati, comprese le persone in quarantena e nelle strutture di isolamento. Sono inoltre disponibili linee di assistenza telefonica gratuita per garantire alle persone il libero accesso ai consulenti e ad altri servizi di salute mentale.
“Siamo consapevoli delle esigenze di salute mentale nel campo, poiché molte delle persone sotto il nostro mandato hanno avuto esperienze traumatiche che li hanno costretti a fuggire”, dice Ignazio Matteini, il capo dell’ufficio dell’UNHCR a Kakuma.
“Incoraggiamo chiunque abbia problemi di salute mentale a cercare aiuto e ad usufruire dei servizi offerti nel campo”, aggiunge.
Sottolinea che i gruppi vulnerabili come gli anziani, le persone con disabilità, le famiglie con i bambini, i sopravvissuti alle violenze sessuali e di genere e i rifugiati LGBTI hanno la priorità di ricevere un’assistenza specifica.
Attraverso i suoi corsi online, Rita sta già facendo la sua parte per affrontare alcuni di questi problemi.
“Lo yoga mi ha cambiato e mi ha fatto sentire importante”, dice. “Ecco perché voglio usarlo per cambiare la vita degli altri”.
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