Nel 2020, le norme internazionali in materia di protezione dei rifugiati sono state messe a dura prova dagli effetti della pandemia di COVID-19. Lo ha dichiarato ieri la responsabile internazionale per la protezione dell’UNHCR, l’Agenzia ONU per i Rifugiati.
I rifugiati arrivano sull'isola di Lesbo, Grecia, 2 marzo 2020. © Foto Eurokinissi via ZUMA Wire), Ritzau Scanpix
Nel discorso di apertura della riunione annuale del Comitato Esecutivo dell’UNHCR tenutasi a Ginevra, l’Assistente Alto Commissario per la Protezione, Gillian Triggs, ha affermato che le misure promulgate dai governi in risposta alla pandemia hanno spaziato da quelle che hanno saputo garantire al meglio la dignità dei beneficiari a quelle che hanno determinato il diniego assoluto di accesso all’asilo e ritorni forzati verso aree in cui vigono situazioni di pericolo.
“Al picco della pandemia, sono stati 168 i Paesi che hanno completamente o parzialmente chiuso le frontiere, di cui circa 90 non hanno ammesso eccezioni a beneficio delle persone in cerca di asilo, limitando seriamente l’accesso alla protezione internazionale”, ha dichiarato Gillian Triggs.
Nell’arco di questo periodo, inoltre, alcuni hanno rimpatriato richiedenti asilo, assumendosi il rischio di respingere molte persone bisognose di protezione internazionale, mentre altri hanno sempre più fatto ricorso a una sproporzionata imposizione di misure di detenzione a danno dei migranti.
“Particolarmente scioccanti sono state le decisioni di negare lo sbarco a richiedenti asilo a bordo di imbarcazioni alla deriva nel Mediterraneo e nel mare delle Andamane, in netto contrasto con la tradizione marittima che prevede di soccorrere quanti sono in pericolo”, ha affermato Gillian Triggs.
Gillian Triggs, inoltre, ha messo in guardia contro gli sforzi profusi da alcuni di Paesi volti a “esternalizzare” le procedure di asilo presso Paesi terzi.
“L’esternalizzazione può spingersi fino a stipare a tempo indefinito i richiedenti asilo all’interno di luoghi isolati, ‘lontano dagli occhi e lontano dal cuore’, esponendoli a pericoli e respingimenti a catena. Una tale abdicazione di responsabilità costituisce una minaccia per il sistema di asilo su scala mondiale e sarebbe opportuno contrastarla”.
Altri Stati, invece, nonostante la pandemia, hanno saputo assicurare l’accesso al proprio territorio ai rifugiati in cerca di sicurezza.
“Oggi, 113 Paesi hanno mostrato che esistono modi per continuare a garantire il funzionamento dei sistemi di asilo”, ha affermato Gillian Triggs, aggiungendo che più di 100 Paesi, inoltre, si sono rivelati creativi nel fare in modo che le domande di asilo continuino a essere presentate grazie all’adozione di tecnologie che permettono di prenderle in carico da remoto.
“L’UNHCR è stata chiara: è possibile continuare a garantire protezione nonostante la pandemia e assicurare accesso a procedure di asilo eque ed efficienti. Un obiettivo non esclude l’altro. È incoraggiante vedere un numero tanto elevato di Paesi che hanno trovato il modo di garantire i diritti dei richiedenti asilo nonostante la pandemia, ed esortiamo tutti gli Stati a seguire il loro esempio”.
Oltre ad aver comportato un pericolo sul piano sanitario e su quello della protezione, la pandemia ha costituito una minaccia anche per i diritti sociali ed economici delle persone costrette alla fuga, molte delle quali vulnerabili ai “capricci dell’economia informale”.
“Sono state tra le prime a risentire dell’impatto economico derivante dalle misure di confinamento. Molte hanno perso il lavoro, sono state sfrattate dalle case in cui vivevano e hanno visto i propri figli non poter frequentare la scuola per diversi mesi”, ha affermato Gillian Triggs.
Durante la pandemia, rifugiati e sfollati sono inoltre stati esposti in modo pressante a un rischio più elevato di violenza di genere, e alcuni hanno dovuto prostituirsi o contrarre matrimoni precoci.
“Le misure di confinamento e l’aumento delle tensioni familiari hanno portato a un picco di casi di violenza di genere in tutto il mondo: alcuni uffici dell’UNHCR hanno registrato un numero di richieste di protezione 10 volte maggiore rispetto a quello usuale”. Dimostrando di saper assicurare una risposta tempestiva allo scioccante picco di questi casi su scala mondiale, Gillian Triggs ha informato il Comitato Esecutivo che presto l’UNHCR pubblicherà il suo primo documento strategico di sempre in materia di violenza di genere.
Gli uffici dell’UNHCR hanno registrato anche numeri crescenti di casi di discriminazione, stigmatizzazione o xenofobia ai danni di rifugiati e persone in fuga, che hanno esacerbato le tensioni con le comunità locali. I livelli di disperazione tra le persone rifugiate e sfollate a causa della pandemia hanno inoltre determinato movimenti pendolari imprevedibili caratterizzati da partenze e ritorni ai Paesi di origine.
Se è vero che la pandemia ha messo alla prova l’impegno globale ad assicurare protezione alle persone costrette alla fuga, Gillian Triggs ha dichiarato che la risposta alla crisi ha evidenziato l’importanza dei valori di solidarietà e inclusione, sanciti nel Global Compact sui Rifugiati.
“Il virus non fa distinzioni tra status giuridici o nazionalità. L’accesso ai servizi sanitari non può dipendere dalla cittadinanza o dal rilascio di visti”, ha affermato Gillian Triggs. “Un altro insegnamento di questi ultimi mesi è che siamo coscienti del fatto che la pandemia colpirà ciascuno di noi. Non possiamo più escludere le persone sulla base del loro status giuridico. Il futuro deve essere caratterizzato da inclusione e responsabilità condivise”, ha dichiarato Triggs.
“Il Global Compact sui Rifugiati ci ha dotato di una visione e delle strategie per far fronte a queste sfide”.
Approvato da 181 Stati nel 2018, il Global Compact promuove i principi di solidarietà e di condivisione di responsabilità nell’assicurare protezione ai rifugiati e alle persone costrette alla fuga. In occasione del Forum Globale sui Rifugiati tenutosi a dicembre dello scorso anno, Stati, società civile, ONG, rifugiati, mondo dell’imprenditoria e altri attori hanno sottoscritto oltre 1.400 impegni da tradurre in azioni.
In un momento storico in cui il COVID-19 condiziona ulteriormente il già scarso numero di posti a disposizione per il reinsediamento dei rifugiati, e le prospettive di rimpatrio volontario sono limitate, Gillian Triggs ha esortato anche ad assicurare maggiore supporto internazionale agli sforzi di inclusione profusi nei Paesi che accolgono rifugiati, per esempio nell’ambito dei servizi sociali, dei sistemi di istruzione e del mercato occupazionale.
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