Negli ultimi giorni, le tragiche immagini provenienti da Lesbo sono state ancora una volta sui notiziari di tutto il mondo. Il Centro di Accoglienza e Identificazione di Moria è stato quasi completamente distrutto e tutta la popolazione dell’isola, i residenti, i rifugiati, i migranti, è stata nuovamente messa alla prova.
Negli ultimi giorni, le tragiche immagini provenienti da Lesbo sono state ancora una volta sui notiziari di tutto il mondo. Il Centro di Accoglienza e Identificazione di Moria è stato quasi completamente distrutto e tutta la popolazione dell’isola, i residenti, i rifugiati, i migranti, è stata nuovamente messa alla prova. I 12.000 richiedenti asilo che si trovavano a Moria, la metà dei quali donne e bambini, sono di nuovo senza un tetto.
Un milione di rifugiati e migranti ha cercato sicurezza in Europa attraversando l’Egeo dal 2015. Il popolo greco sa che la migrazione forzata non è qualcosa che ha un inizio e una fine. Esisterà finché ci saranno ancora le cause che allontanano le persone dalle loro case: la guerra, la violenza, la mancanza di libertà, la povertà assoluta e i disastri naturali. Tuttavia, cinque anni dopo la crisi dei rifugiati in Europa, tutti sanno anche che quando una comunità locale è lasciata ad assumersi un onere sproporzionato, senza politiche coordinate e a lungo termine e con una limitata condivisione delle responsabilità, il problema si perpetua. E questo vale anche per i rifugiati che sono intrappolati nell’incertezza e per le comunità locali che vivono un crescente senso di abbandono e la sensazione di trovarsi in un vicolo cieco.
Nelle ceneri di Moria la posta in gioco non è solo come assicurare urgentemente aiuti essenziali alle persone colpite. Le organizzazioni già presenti sul campo si sono affrettate ad assistere le autorità nello sforzo di trovare soluzioni urgenti. I 400 minori non accompagnati di Moria sono stati evacuati sulla terraferma il giorno stesso. Sulla base di questo esempio di risposta rapida e di volontà politica, possiamo vedere il cambiamento tanto necessario che si realizza.
Sì, la stanchezza e i problemi nelle comunità delle isole sono reali e di lunga data. E’ necessario un maggiore sostegno da parte degli Stati membri dell’UE. Il recente progetto di ricollocamento per i minori non accompagnati e molto vulnerabili ha dimostrato che ciò è fattibile. Ma quello che serve sono anche calma e prudenza a livello locale, centrale ed europeo, oltre alla volontà di trovare soluzioni. Le soluzioni non possono essere trovate nella violenza, nelle voci xenofobe o nello sfruttamento politico. Le soluzioni richiedono l’assunzione di responsabilità e lo sforzo di applicare i cambiamenti in modo che il vicolo cieco non si perpetui. La decongestione delle strutture delle isole dovrebbe continuare, e la sicurezza, la protezione e la salute di tutti i residenti dovrebbero essere garantite, mentre in parallelo dovrebbero essere saldamente stabilite le procedure di asilo, accoglienza e integrazione.
Quando migliaia di famiglie sono in strada, dopo aver perso i loro pochi averi e nel corso di una pandemia che ci ha colpito tutti, la questione non è solo se e dove possano essere piantate le tende che le ospitano. La posta in gioco è se lasceremo che le ceneri coprano lo stesso valore della vita, della speranza e dell’umanità che la popolazione di Lesbo ha così orgogliosamente onorato nel tempo, commuovendo il mondo intero.
Philippe Leclerc, Rappresentante UNHCR in Grecia
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