Alla fine del 2019, più di 3.300 scuole sono state chiuse, colpendo quasi 650.000 bambini e più di 16.000 insegnanti.
Alla fine del 2019, proprio mentre si preparava a sostenere gli esami per la licenza elementare nel Burkina Faso settentrionale, un giovane rifugiato maliano di nome Oumar Ag Ousmane ha visto le sue speranze svanire.
Le violenze che da anni affliggevano alcune zone della regione del Sahel iniziavano ad imperversare in Burkina Faso, così gli insegnanti della scuola di Oumar hanno smesso di andare a lavoro, e infine hanno abbandonato del tutto la zona.
Questa situazione ha interrotto l’istruzione di Oumar e quella di migliaia di altri studenti e rifugiati maliani, che allora vivevano nel campo rifugiati di Mentao.
“Ero molto triste di dover stare a casa tutto il giorno e non poter continuare le lezioni”, dice Oumar, un adolescente riservato ma determinato, ora diciassettenne.
È stato un duro colpo. Nella città natale di Oumar, Mopti, non c’era una scuola. Dopo che lui e la sua famiglia sono fuggiti dal Mali a causa delle violenze nel 2012, la vita nel campo di Mentao aveva dato a Oumar la possibilità di avere per la prima volta un’istruzione.
Per poter continuare a studiare, il padre del ragazzo aveva deciso di portare lui e i suoi fratelli nel campo rifugiati di Goudoubo, più a est. Lì era stato iscritto in una scuola della vicina città di Dori, sperando che questo gli permettesse di sostenere gli esami per passare al livello secondario.
Ma in agguato si nascondevano altri disordini. ”L’anno successivo, non appena l’anno scolastico è iniziato, a Goudoubo si sono presentati gli stessi problemi legati alla sicurezza”, dice. “Sono rimasto molto deluso dal fatto che ancora una volta la mia scuola abbia chiuso e che non sia riuscito a finire il nuovo anno scolastico”. Oumar ha superato l’età in cui di solito si inizia la scuola secondaria, cosa comune tra i bambini rifugiati, in particolare quando l’istruzione è interrotta e non ci sono programmi di istruzione accelerata disponibili.
Nel solo Burkina Faso, negli ultimi 12 mesi il numero degli sfollati interni è quintuplicato, arrivando a 921.000 persone alla fine di giugno 2020. Il Paese ospita anche quasi 20.000 rifugiati, molti dei quali sono fuggiti dai campi di recente, in cerca di sicurezza in altre parti del Paese o addirittura di ritorno in patria.
In tutto il Sahel, milioni di persone sono fuggite da gruppi armati che hanno attaccato indiscriminatamente sia i civili che le istituzioni statali, comprese le scuole. Secondo l’UNICEF, tra aprile 2017 e dicembre 2019 il numero delle scuole chiuse a causa delle violenze in Burkina Faso, Mali e Niger è aumentato di sei volte. Alla fine dello scorso anno, più di 3.300 scuole sono state chiuse, colpendo quasi 650.000 bambini e più di 16.000 insegnanti.
Nel solo Burkina Faso, 2.500 scuole hanno chiuso a causa delle violenze, privando 350.000 bambini dell’accesso all’istruzione, e questo prima che il coronavirus chiudesse tutte le altre.
Quest’anno, Oumar ha pensato che la terza fosse la volta buona. La sua famiglia si è trasferita a pochi chilometri dal campo di Goudoubo a Dori, e lui ha potuto iniziare il primo anno di scuola secondaria nonostante fosse più grande della maggior parte degli altri studenti. “Stava andando tutto bene”, dice. “Ma le lezioni si sono dovute fermare di nuovo, questa volta a causa della pandemia di COVID-19″.
Dal 1° giugno, le tre classi che dovevano sostenere gli esami quest’anno hanno riaperto i battenti e l‘UNHCR sta facendo il possibile per trovare posti disponibili per i bambini rifugiati.
Per le altre classi, l’UNHCR, con il sostegno di Education Cannot Wait, ha iniziato ad acquistare radio per gli studenti rifugiati delle elementari e delle medie per assicurarsi che avessero lo stesso accesso dei loro coetanei del Burkina Faso alle lezioni. L’UNHCR sta anche lavorando con i governi per consentire l’istruzione di emergenza per i bambini e i giovani costretti a fuggire attraverso l’accesso a modalità di apprendimento a distanza alternative e sicure.
Mentre aspetta, Oumar non si lascia abbattere. ”Sono ancora fiducioso che la situazione migliori in modo da poter tornare a scuola e finire la mia istruzione”, dice.
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