Oltre 80mila rifugiati e migranti sono arrivati in Europa via mare durante le prime sei settimane del 2016 e oltre 400 persone sono morte nel tentativo di raggiungere l’Europa. Nonostante le condizioni del mare, il clima invernale e i numerosi disagi al momento dell’arrivo, oltre 2.000 persone al giorno continuano a rischiare la propria vita e quella dei propri figli in queste pericolose traversate via mare verso l’Europa.
Nelle prime sei settimane del 2016 sono arrivate più persone che nel corso dei primi quattro mesi del 2015; numeri simili sono paragonabili solo a quelli del luglio del 2015. La maggior parte delle persone arrivate nel gennaio 2016, quasi il 58 per cento, sono donne e bambini; una su tre delle persone arrivate in Grecia sono bambini, rispetto al rapporto di una su dieci del mese di settembre 2015. Oltre il 91 per cento di coloro che arrivano in Grecia provengono dai primi dieci paesi di origine di rifugiati a livello mondiale, tra cui Siria, Afghanistan e Iraq. Il clima invernale e il mare mosso se non hanno scoraggiato le persone così disperate dall’intraprendere il viaggio, tuttavia hanno causato naufragi e operazioni di soccorso quasi quotidiani e circa 400 morti. Al loro arrivo, la maggior parte delle persone riferiscono di aver dovuto lasciare il proprio paese a causa dei conflitti. Più del 56 per cento degli arrivi di gennaio in Grecia proviene dalla Siria.
Soluzioni per questa situazione di crisi in Europa non sono solamente possibili, ma sono già state concordate dagli Stati membri e hanno urgente bisogno di essere attuate. Stabilizzare la situazione è essenziale e c’è una forte domanda pubblica in questa direzione. Rispetto all’urgente bisogno di ridurre i pericolosi arrivi via mare, poter accedere in modo sicuro alla procedura d’asilo, anche attraverso il reinsediamento e l’ammissione umanitaria, è un diritto umano fondamentale che deve essere protetto e rispettato.
E’ importante garantire vie d’accesso regolari verso l’Europa e verso altri paesi per permettere ai rifugiati di raggiungere la sicurezza senza mettere la propria vita nelle mani di trafficanti e senza dover intraprendere pericolosi viaggi via mare. Canali legali, come ad esempio maggiori possibilità di reinsediamento e ammissioni umanitarie, il ricongiungimento familiare, la sponsorizzazione privata, e visti per i rifugiati per motivi di studio o lavoro, o per motivi umanitari, dovrebbero essere stabiliti in modo tale che i paesi che ricevono questi rifugiati possano gestire, controllare e coordinare i flussi.
In risposta a questa situazione, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) auspica che gli Stati membri dell’UE attuino con maggior tempestività tutte le misure previste a livello di Unione nel corso del 2015, compresa l’implementazione del sistema degli hotspots e il processo di ricollocamento per 160mila persone già presenti in Grecia e in Italia, così come il Piano di azione congiunta UE-Turchia. Molto resta da fare per rafforzare le capacità di accoglienza nei punti di ingresso in Europa, per garantire una sistemazione umana ed efficace, assistenza, registrazione delle persone che arrivano giornalmente e misure di sicurezza. E’ necessario, infatti, individuare coloro che richiedono protezione, coloro che dovrebbero essere inseriti nei programmi di ricollocamento verso altri paesi dell’UE e coloro che non intendono chiedere la protezione internazionale e per i quali devono essere messi in atto meccanismi di rimpatrio efficaci e dignitosi.
Gli sviluppi della situazione in Europa nelle prime sei settimane del 2016 hanno evidenziato come alcuni paesi stanno dando priorità al mantenere i rifugiati e i migranti al di fuori dei propri confini rispetto alla ricerca di soluzioni comuni realistiche. Dall’inizio del 2016 in molti Stati europei le misure di controllo delle frontiere sono diventate più serrate. Nonostante le ripetute richieste da parte dell’UNHCR affinché fossero incrementate vie legali per permettere ai rifugiati e ai richiedenti asilo di accedere all’asilo, molti Stati membri dell’Unione europea stanno di fatto riducendo i canali legali disponibili.
Sul fronte legale, a gennaio la Danimarca ha imposto misure restrittive in materia di ricongiungimento familiare, che prevedono la possibilità per i rifugiati di richiedere il ricongiungimento della loro famiglia solo dopo tre anni, invece di uno. Altri paesi stanno valutando la possibilità di introdurre una legislazione simile o addirittura più restrittiva in un momento in cui i paesi europei dovrebbero invece potenziare i canali d’accesso legali e sicuri al ricongiungimento familiare e contrastare di conseguenza il traffico di esseri umani.
I recenti annunci di misure nazionali volte a scoraggiare gli ingressi dai paesi confinanti, sottolineano solo l’urgente bisogno di una risposta europea collettiva efficace. I problemi non possono essere semplicemente spostati da un paese all’altro e una rincorsa verso il basso non aiuta nessuno.
L’UNHCR riconosce le difficoltà che alcuni paesi europei si trovano ad affrontare a causa di arrivi significativi di richiedenti asilo, rifugiati e migranti. Chiaramente gli Stati hanno il sovrano diritto di gestire i loro confini; tuttavia, questo deve essere fatto in conformità con la legislazione nazionale, comunitaria e internazionale. È necessario considerare anche il possibile impatto negativo che tali misure individuali e pratiche potrebbero avere sui diritti e le vite dei rifugiati.
L’aumento di manifestazioni di violenza e pregiudizio ha messo a repentaglio la sicurezza e il benessere di rifugiati e richiedenti asilo in tutta Europa. Sotto l’influenza di campagne xenofobe e propaganda basata sulla paura, vengono prese di mira famiglie di rifugiati, le loro abitazioni e i luoghi di culto con crimini d’odio quali aggressioni, atti di vandalismo, incendi dolosi e incidenti ancora più gravi, come quanto accaduto in una moschea in cui è stato gettato sangue sulle pareti ed è stata lasciata sulla porta una testa di maiale.
Può accadere che alcuni paesi mettano in atto politiche di sequestro di denaro e oggetti di valore per alcuni richiedenti asilo, col presunto obiettivo di ridurre i costi dell’assistenza sociale. Tali misure comportano di per sé dei costi enormi e hanno l’effetto di assecondare paura e discriminazioni.
L’esistenza di meccanismi di supporto rapidi ed efficaci è cruciale per l’integrazione delle persone nei paesi che ricevono il maggior numero di rifugiati, tra cui Germania e Svezia, e per contribuire a dissipare la paura e la xenofobia e ripristinare i principi comuni europei della dignità, della solidarietà e dei diritti umani sui quali l’Unione europea è stata fondata.
Condividi su Facebook Condividi su Twitter