New York/Ginevra/Roma/Amman, 11 marzo 2016
Dopo cinque anni di conflitto assurdo e brutale, oltre 250.000 siriani sono stati uccisi e oltre metà della popolazione è stata costretta ad abbandonare la propria casa. Circa 4.6 milioni di persone sopravvivono a stento in luoghi dai quali in pochi riescono a fuggire e che gli aiuti non riescono a raggiungere. Altri 4.8 milioni di persone hanno abbandonato il paese. La Siria è oggi un paese molto diverso – a tratti quasi irriconoscibile – e ci vorranno generazioni per ricostruirlo.
In queste ultime settimane, però, si stanno vedendo segni di progresso, fragili barlumi di speranza. Stanno cadendo meno bombe; l’accesso umanitario è stato garantito in alcuni luoghi; da tutti gli schieramenti i negoziatori si stanno preparando per incontrarsi e parlare. Come organizzazione umanitaria, accogliamo con favore il progresso laddove significhi vero cambiamento.
L’ONU, le ONG e i partner hanno colto queste nuove opportunità di raggiungere le persone che non hanno avuto nulla per molto tempo. Nonostante il pericolo e le incertezze, si stanno sperimentando nuovi metodi di consegna, cercando costantemente di negoziare vie per raggiungere le persone. Attraverso i regolari aiuti e le recenti consegne nelle città sotto assedio, siamo riusciti a raggiungere oltre 6 milioni di persone dall’inizio del 2016.
Però, fino a che tutte le parti di questo conflitto non smetteranno di colpire i civili, le scuole, i negozi e gli ospedali, continueremo a far loro pressione affinchè tengano conto dei loro obblighi e li rispettino. Ai checkpoint, forniture e attrezzature mediche vengono ancora rimosse: questo è inaccettabile.
Fino a che le parti in conflitto non apriranno completamente l’accesso sicuro e libero a tutti, continueremo a provare a raggiungere i civili con qualsiasi mezzo, non importa quanto impegnativo. Siamo ora in grado di raggiungere un maggior numero di persone nelle aree assediate: ma non possiamo ancora raggiungere un siriano su cinque fra coloro che si trovano sotto assedio e hanno bisogno urgente di aiuto e protezione.
Anche se stiamo cominciando a distribuire beni di prima necessità alle comunità che sono state escluse per alcuni mesi o più, non è sufficiente. Per esempio, siamo estremamente preoccupati per la situazione nelle zone rurali a nord di Homs e ad Aleppo, dove 500.000 persone sono bloccate tra fronti di combattimento attivi. Due milioni di persone sono in aree controllate dall’ISIL (Stato Islamico dell’Iraq e del Levante).
Noi e i nostri partner rimaniamo pronti a portare assistenza. L’ONU continua a lavorare per negoziare l’accesso con tutte le parti, e consegnare aiuto alle persone nelle aree difficili da raggiungere, inclusi i luoghi assediati che non abbiamo ancora potuto raggiungere.
Nessuno vuole vedere un sesto anno di conflitto aprirsi il 15 marzo. I giovani in Siria hanno bisogno di speranza, e di credere che nel loro paese ci sia un futuro. Hanno bisogno di credere che avranno educazione, cure sanitarie, case e lavori. Che la vita sia più che paura, violenza e fame.
Uniamo le nostre voci per far appello a tutte le parti, locali e internazionali, affinché questo anniversario sia l’ultimo e affinché i dialoghi politici portino vera pace e la fine della sofferenza in Siria.
La missione dell’Ufficio dell’ONU per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA) è quella di mobilitare e coordinare un’azione umanitaria morale ed efficace in collaborazione con attori nazionali ed internazionali.
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