Di fronte ai numeri “contenuti” relativi ai richiedenti asilo nel Regno Unito, la narrativa dell’invasione sembra aver avuto molto peso sull’esito del referendum
Di Alessandro Lanni
“Immigration revolution“, “No end to migrant crisis“, “Migrant crisis in the Channel“, e via così fino a “The invaders” sovrapposto a foto a tutta pagina di un piccolo accampamento di rifugiati su una spiaggia probabilmente del nord della Francia.
Basta poco per avere un’idea del ruolo che la cosiddetta “crisi dei rifugiati” ha giocato nelle sorti del referendum sulla Brexit. È sufficiente la raccolta di prime pagine di quotidiani inglesi realizzata da Kim Ghattas, reporter della Bbc. Un tweet fotografa il frame attraverso cui buona parte della stampa anglosassone ha alimentato il clima infuocato che poi ha condotto al risultato del 23 giugno.
La narrativa dell’invasione
«È la libertà di movimento senza vincoli ad avere determinato il risultato del referendum in Gran Bretagna». Lo ha dichiarato David Cameron nell’ultimo summit europeo al quale ha partecipato nelle vesti di premier inglese. Malgrado l’isola sia fuori da Schengen, la paura dell’invasione ha acceso la miccia del leave, la paura dell’invasione di rifugiati e migranti ha fatto crescere la voglia di tirare su il ponte levatoio sulla Manica.
Si mescola tutto. Una colonna di profughi – probabilmente in Macedonia – diventa il “punto di rottura” in un contestatissimo manifesto dell’Ukip di Nigel Farage.
Un mix letale che tiene insieme chi fugge da una persecuzione, chi da un bombardamento e chi viaggia in cerca di lavoro. E tutto questo malgrado la Gran Bretagna sia stata poco toccata dal flusso di richiedenti asilo che ha scosso gran parte del resto d’Europa l’anno passato.
I rifugiati nel Regno Unito: un flusso stabile
Quali sono i numeri reali dei rifugiati nel Regno Unito? In quanti sono riusciti a passare dall’imbuto di Calais nel 2015 e nei primi mesi del 2016? Proviamo a guardare i dati per fare un po’ di chiarezza.
Secondo Eurostat nel 2015, l’anno della grande emergenza umanitaria e dell’esodo dalla Siria (più Afghanistan e Iraq), il Regno Unito ha registrato “solo” 38.800 richieste d’asilo, un numero obiettivamente esiguo paragonato alle domande d’asilo arrivate in altri paesi di frontiera dell’Ue o in prima fila nell’accoglienza (in Germania quasi 500mila, 175mila in Ungheria e 160mila in Svezia). Per avere un ulteriore riferimento, in Italia l’anno passato erano più di 80mila.
Un’ulteriore conferma delle dimensioni contenute del fenomeno rifugiati in Gran Bretagna arriva dalla percentuale di richiedenti asilo per abitante. Nel Regno Unito nel 2015 erano circa 600 per ogni milione di abitanti, una cifra molto distante dai 18mila per milione in Ungheria ma anche dai quasi 6mila della Germania e pure dai 1400 in Italia.
A guardare l’andamento negli ultimi anni, il flusso di richiedenti asilo verso la Gran Bretagna è relativamente stabile. Alla crescita esponenziale in Germania, corrisponde un aumento di poche migliaia anche nell’anno più caldo: dai 26mila del 2011 ai 38mila del 2015.
Nel primo trimestre 2016, le richieste d’asilo presentate nel Regno Unito sono state poco più di 10150 una cifra che proiettata sui 12 mesi da come risultato a un numero analogo a quello del 2015. Nello stesso trimestre le unità britanniche per l’esame delle domande d’asilo hanno preso 8155 decisioni di cui 66% sono stati dinieghi e 29% di approvazione per lo status di rifugiato. Nello stesso periodo in Italia sono state valutate 23145 domande con un analogo tasso di riconoscimento di protezione internazionale: 34%.
Quali sono le nazionalità che arrivano a fare richiesta d’asilo oltremanica? In cima alla lista nel 2015 ci sono ancora gli eritrei, malgrado il tasso di riconoscimento in UK sia crollato. A seguire Iran, Pakistan, Sudan e meno di 3000 dalla Siria.
Un futuro incerto
Come ha sottolineato Kristy Siegfried su Irin saranno numerosi i nodi significativi da sciogliere: che fine faranno i 60mila arrivi previsti dal primo piano di relocation? Gli accordi bilaterali con la Francia (presente Calais?) che fine faranno con Londra fuori dall’Ue? Che ruolo avranno le navi della marina britannica nelle missioni internazionali nel Mediterraneo? In quale direzione verranno ridiscussi gli accordi europei sull’accoglienza?
Comunque si risponderà in futuro a queste domande, gli effetti dello strappo della Gran Bretagna sulle politiche di frontiera e di accoglienza nei confronti dei rifugiati saranno profondi e lo spostamento a destra dell’intero asse politico renderà la Manica più larga, soprattutto per chi ha meno diritti ed è un facile bersaglio per la propaganda.
Alessandro Lanni
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