Una mini “fabbrica” gestita da rifugiati produce saponette, sapone liquido per le mani, candeggina e contenitori per l’acqua e li distribuisce gratuitamente per contribuire alla lotta contro il coronavirus in Niger.
È nata come una mini cooperativa per dare un piccolo reddito a centinaia di rifugiati evacuati dalla Libia.
Ma con l’inizio della pandemia di coronavirus, questo piccolo progetto di auto-aiuto è cresciuto fino a diventare una “fabbrica” e sforna saponette, sapone liquido per le mani, candeggina e contenitori per l’acqua per distribuirli gratuitamente.
Il progetto è stato istituito nel 2019 dall’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati e da Forge Arts, un’organizzazione locale senza scopo di lucro, presso un centro di transito d’emergenza (ETM) a Hamdallaye, una piccola città a meno di 100 chilometri da Niamey, la capitale del Niger.
“Non solo aiutiamo a combattere questo virus, ma impariamo anche nuove competenze”.
Qui lavorano oltre 280 donne rifugiate che fanno la loro parte per rispondere alla crescente domanda di prodotti per l’igiene.
“Non solo stiamo aiutando a combattere questo virus, ma stiamo anche imparando nuove competenze che ci aiuteranno quando torneremo a casa”, dice Nicole, che è stata evacuata dalla Libia e attualmente vive nel centro, dove ha imparato a fare la candeggina senza usare alcun macchinario.
Aboubacari Nana Kadidjatou, l’amministratrice di Forge Arts, che conduce la formazione presso l’ETM, aggiunge che fornire alle donne di queste competenze è essenziale.
“La pandemia da COVID-19 è una vera tragedia”, dice Kadidjatou. “Ma grazie alla formazione, i rifugiati sono ora parte della risposta. Questo li fa sentire utili”.
Dall’inizio della pandemia, il Niger ha confermato 860 casi di COVID-19. Con circa 215.000 rifugiati e altri 225.000 sfollati interni nel Paese, il rischio che il virus si diffonda tra le popolazioni costrette a fuggire, dove le strutture sanitarie cruciali sono sovraccariche, è alto.
L’UNHCR ha attuato speciali misure di prevenzione che includono il rafforzamento della comunicazione con i rifugiati e gli sfollati interni in materia di igiene, l’aumento della distribuzione di prodotti per l’igiene e la formazione del personale sanitario.
L’UNHCR ha anche formato per la produzione di sapone i rifugiati tuareg a Niamey, i rifugiati nigeriani nel campo di Sayam Forage a Diffa e i rifugiati maliani a Tillaberi e Ouallam.
“Ci riunivamo ogni settimana per fare il sapone, ma da quando è iniziata la crisi, ci siamo dovuti fermare temporaneamente, perché il lavoro di gruppo non era più possibile fino a quando non abbiamo preso alcune precauzioni”, spiega Fatouma, rifugiata maliana a Niamey.
Per garantire che i rifugiati continuassero a lavorare in gruppo aderendo alle linee guida di distanziamento sociale dell’OMS, l’UNHCR e le agenzie partner hanno attuato misure di prevenzione igienica, tra cui la sensibilizzazione sulla stigmatizzazione, lavarsi le mani e l’uso di mascherine.
“Ci siamo adattati e lavoriamo con non più di dieci persone alla volta per rispettare le misure di prevenzione. Facciamo fino a 30 unità di sapone alla settimana”, aggiunge Fatouma.
L’UNHCR sta lavorando per aumentare lo sviluppo di nuove competenze, che sono diventate strategiche nella lotta contro COVID-19.
“Consentendo ai rifugiati di essere attivi nella risposta sanitaria, sono diventati collaboratori chiave nelle aree in cui vivono e agli occhi della popolazione ospitante”, spiega Alessandra Morelli, rappresentante dell’UNHCR in Niger. “Questo non solo promuove la loro capacità di contribuire all’economia locale, ma aumenta anche la coesione sociale”.
Morelli aggiunge che l’UNHCR sta intensificando le sue attività a Hamdallaye, Niamey, Ouallam, Abala, Agadez e Maradi per un periodo di tre mesi, entro il quale prevede che i rifugiati in questi luoghi saranno ancora più autosufficienti e cruciali nella lotta contro il virus.
L’UNHCR ha lanciato il suo piano di emergenza globale per il coronavirus con un appello per 745 milioni di dollari per sostenere con urgenza la preparazione e la risposta al COVID-19 tra le persone costrette a fuggire nei prossimi nove mesi.
Il Niger è uno dei Paesi prioritari in cui si stima che siano necessari 5,9 milioni di dollari per intensificare le misure di risposta al COVID-19.
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