I rifugiati LGBTI devono spesso affrontare una lunga strada verso la sicurezza. Ma per Valentinna e Elvis costruire nuove vite nei paesi che li ospitano rappresentava una “rinascita”.
Per Valentinna Rangel, trovare sicurezza in Cile ha significato diventare all’esterno ciò che aveva sempre sentito all’interno. Dopo decenni passati a vedersi donna nel corpo di un uomo, la ventisettenne ha completato il processo di trasformazione, iniziato quando è fuggita dalla crisi economica e politica del suo paese natale, il Venezuela.
“Penso che sarebbe stato impossibile fare il processo di transizione in Venezuela”, ha detto, aggiungendo che in Venezuela, le persone transgender possono affrontare insulti, violenze e anche peggio dai loro connazionali e persino dai loro stessi familiari.
Fuggire da persecuzioni, conflitti o guerra è un percorso irto di ostacoli per la maggior parte dei rifugiati e dei richiedenti asilo, e le persone LGBTI corrono dei rischi.
Le relazioni omosessuali sono criminalizzate in più di 70 paesi e in alcuni sono punibili con la morte. E anche nei paesi in cui le relazioni omosessuali non sono criminalizzate, le persone LGBTI possono trovarsi perseguitate per il loro orientamento sessuale, la loro identità di genere o altre caratteristiche sessuali e costrette a fuggire. Questo tipo di persecuzione può permettere alle vittime di ottenere lo status di rifugiato, ma la triste verità è che le persone LGBTI a volte si trovano ad affrontare minacce simili nel loro paese di asilo. Questo rende il viaggio verso la sicurezza particolarmente rischioso per i rifugiati e richiedenti asilo LGBTI.
Per le persone LGBTI come Valentinna, trovare un luogo di relativa sicurezza può sembrare una rinascita.
Valentinna ha detto di non essersi mai identificata come uomo. Quando, da adolescente cresciuta nella capitale petrolifera nord-occidentale del Venezuela, Maracaibo, Valentinna ha sentito parlare della possibilità di una transizione, era sicura che fosse quello che voleva fare. Ha letto tutto quello che ha trovato sulla procedura, ma “era tutto negativo, come il fatto che l’aspettativa di vita per le persone trans era di 35 anni, o che la comunità era ancora associata alla prostituzione e alla marginalità”, ha detto.
“Non volevo quel tipo di etichetta”, ha detto. Per rimanere al sicuro, ha scelto di rimanere il suo sesso di nascita, mentre perseguiva una carriera nella pubblicità.
La situazione in Venezuela è peggiorata costantemente. L’inflazione è aumentata a dismisura, il cibo e i medicinali scarseggiano, i blackout proliferano e la violenza dilaga. Nel 2014, il fratello di Valentinna è stato assassinato. Poco dopo, la sua migliore amica ha perso la vita a causa del cancro, non potendo accedere alle cure che avrebbero pututo salvarle la vita. Nel 2016, Valentinna ha fatto le valigie e ha comprato un biglietto di sola andata per il Cile, unendosi alle fila degli ormai più di 5 milioni di venezuelani che vivono al di fuori del Paese a causa della crisi in corso.
Nella sua nuova casa nella capitale cilena, Santiago, Valentinna è riuscita finalmente a compiere la transizione che sognava da tanto tempo. Dopo i trattamenti ormonali, è stata assunta – come donna – presso una prestigiosa agenzia pubblicitaria, dove ha ricevuto il sostegno del suo supervisore e di altri colleghi.
“Per la prima volta mi sento apprezzata per quello che sono”, ha detto. “Sento che i miei colleghi ascoltano le mie idee, e che prestano attenzione alla mia intelligenza, non alla mia identità di genere”.
In America Latina, il matrimonio tra persone dello stesso sesso è legale in circa mezza dozzina di paesi. Tuttavia, la regione rimane uno dei luoghi più letali al mondo per le persone LGBTI, con omicidi omofobici e transfobici, una tragica realtà in gran parte della regione.
In Venezuela, la paura è stata una parte ineluttabile della vita quotidiana di Elvis Daniel, venticinquenne della regione settentrionale di Anzoátegui. Il semplice fatto di mettere piede fuori dalla casa di famiglia faceva paura.
“Avevo paura di essere picchiato”, ha detto, aggiungendo che anche sua madre e i suoi fratelli, che avevano sempre accettato il suo orientamento sessuale, avevano paura per lui. Elvis coltivava un “aspetto etero”, nascondendo il suo vero orientamento sessuale a tutti, tranne che alla sua fidata cerchia ristretta di familiari e amici.
Elvis non poteva sopportare di vedere la sua famiglia sprofondare nella fame e nella disperazione mentre i prezzi dei prodotti alimentari in Venezuela salivano vertiginosamente e l’inflazione dilagante divorava il potere d’acquisto. Deciso ad aiutare la sua famiglia, nel 2018 è partito per il Brasile.
Inizialmente, ha faticato a mantenersi a Boa Vista, la capitale del remoto stato brasiliano settentrionale di Roraima, che è il principale punto d’ingresso per i venezuelani in fuga verso il Paese. Senza un lavoro, non riusciva a trovare un posto dove vivere e non aveva altra scelta che dormire per strada. Lì ha subito abusi sessuali.
“Ero pronto a porre fine alla mia vita”, ha ricordato.
Un giorno, Elvis stava raccogliendo la spazzatura, cercando qualcosa da mangiare, quando una funzionaria dell’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, è venuta in suo aiuto, assicurandogli un posto in un rifugio specializzato per rifugiati e migranti LGBTI. All’epoca Elvis pesava solo 35 chili.
“Forse se non fosse stato per lei, oggi non sarei qui”, ha detto Elvis. “Mi ha guardato negli occhi e mi ha detto di non arrendermi. Mi ha detto che avrei potuto fare grandi cose nella mia vita se avessi creduto che le cose sarebbero migliorate. Ed è quello che ho fatto”.
L’UNHCR si impegna a proteggere i diritti dei rifugiati LGBTI e dei richiedenti asilo, oltre a sostenere le reti e le coalizioni che aiutano le persone costrette a fuggire dalle loro case. In Cile, l’agenzia e un’organizzazione partner si stanno rivolgendo alla comunità LGBTI per garantire che i rifugiati e richiedenti asilo gay, lesbiche e trans possano accedere alle cure mediche e ad altri servizi vitali. Lavorando con i suoi partner in Brasile, l’UNHCR aiuta a garantire alle persone LGBTI che sono state costrette a fuggire l’accesso all’assistenza sanitaria, alla formazione professionale e ai servizi di collocamento e ad assicurarsi che non siano discriminate.
L’incontro di Elvis con l’UNHCR ha segnato l’inizio di un nuovo capitolo della sua vita. Dopo essersi ripreso nel rifugio di Boa Vista, è stato trasferito nella capitale, Brasília, nell’ambito del cosiddetto programma di “interiorizzazione” del governo brasiliano, che trasferisce i venezuelani da Roraima in regioni dove possono integrarsi meglio con la comunità locale e trovare più facilmente lavoro.
Ora, Elvis lavora in una clinica di diagnostica medica ed è stato ammesso alla prestigiosa Università di Brasília.
“Non mi imbarazza dire alla gente che ho vissuto per strada e ho cercato cibo nella spazzatura”, ha detto. “Non mi arrenderò perché ho avuto una seconda possibilità nella vita”.
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