L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) esprime profonda preoccupazione per l’annuncio effettuato nella giornata di oggi dall’Australia di aver rimpatriato circa 41 richiedenti asilo provenienti dallo Sri Lanka dopo averli intercettati in mare; l’Agenzia esprime altrettanta preoccupazione per il destino di altri 153 richiedenti asilo originari dello Sri Lanka che ora sono oggetto di un’ingiunzione al rimpatrio emessa dall’Alta Corte australiana.
L’UNHCR è consapevole che per determinare se le 41 persone coinvolte avessero avanzato richieste di protezione meritevoli di ulteriore esame sono state utilizzate “procedure rafforzate di screening”. Senza ulteriori informazioni l’UNHCR non è in grado, in questo momento, di verificare la loro conformità con il diritto internazionale. In precedenza l’Agenzia aveva già manifestato all’Australia la sua preoccupazione per le sue procedure rafforzate di screening e per la loro non conformità con il diritto internazionale.
In generale l’esperienza maturata dall’UNHCR nel corso degli anni rispetto all’esame delle domande a bordo di imbarcazioni non è stata positiva. Raramente un tale ambiente costituisce un luogo appropriato per una procedura equa.
Il principio di non-refoulement (il divieto di respingere una persona in luoghi ove la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate) presente nella Convenzione sui rifugiati del 1951 e più in generale nel diritto internazionale consuetudinario è chiaro: si applica ovunque si trovi un richiedente asilo e quale che sia il modo attraverso cui venga condotta l’espulsione o il ritorno, compreso durante un’intercettazione e altre operazioni in mare.
L’UNHCR non si oppone al fatto che persone adeguatamente giudicate come non aventi bisogno di protezione internazionale vengano rimpatriate, ma ritiene che chiunque chieda asilo abbia il diritto di vedere il suo caso valutato in modo adeguato da personale qualificato in conformità con le necessarie garanzie procedurali e giuridiche.
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