Grazie al programma di supporto di Kigali, capitale del Ruanda, le imprese dei rifugiati hanno creato 2.600 nuovi posti di lavoro in tutto il paese.
Ad un incrocio trafficato nel centro di Kigali, Annick Iriwacu sta meticolosamente esaminando l’inventario del suo negozio. La rifugiata burundese gestisce un piccolo distributore di GPL, insieme al fratello minore. Gli affari vanno a gonfie vele, ma le cose non erano così semplici quando è arrivata nella capitale ruandese tre anni fa.
Nel 2015 Annick è fuggita dai disordini nel suo paese con suo marito e i suoi figli, trovando rifugio a Kigali. La città viene descritta come la più pulita e verde dell’Africa. Abituata ad essere finanziariamente indipendente nel suo paese, ha cercato di trovare rapidamente un modo per guadagnarsi da vivere.
Ispirata dalla reputazione di Kigali e dal passaggio del paese alle energie pulite, Annick ha deciso di iniziare a vendere GPL. “Ci ho pensato e ho realizzato quale fosse la visione del Ruanda”, spiega. “Così ho deciso di buttarmi nel commercio di GPL. Richiedeva molto capitale ma ho deciso di provare”.
Un cugino le ha parlato di Inkomoko – società di consulenza aziendale locale che lavora con l’UNHCR, per formare e sostenere gli imprenditori rifugiati.
“Mi hanno dato forza e speranza di continuare, perché mi stavo arrendendo”, dice Annick.
Ha ricevuto indicazioni da Inkomoko su come registrare la sua attività, pagare le tasse e gestire il suo negozio. Si è iscritta al Rwanda Development Board e ha ricevuto un numero che le consente di pagare le tasse. Ha sviluppato il suo business e ora ha assunto cinque persone.
Lydia Irambona, la direttrice del programma per i rifugiati di Inkomoko, afferma che il loro approccio è stato progettato per aiutare i rifugiati come Annick a costruire le loro imprese su solide fondamenta. “Il nostro obiettivo principale è quello di aiutarli ad aumentare le loro entrate, ottenere più clienti e capire come fare affari qui”, spiega.
Oltre ad aiutare i rifugiati a diventare finanziariamente indipendenti, lo schema ha anche dato un piccolo ma significativo impulso all’economia locale. Il programma è iniziato nel 2016 e ha lavorato con 3.300 rifugiati. Nel 2017, ha formato 809 imprenditori rifugiati nelle città e negli insediamenti, con la creazione di 2600 nuovi posti di lavoro in tutto il paese.
“Abbiamo visto molta differenza in termini di autostima. E’ come se ora stessero vivendo una vita dignitosa, anche per il fatto che sono stati in grado di creare posti di lavoro”, dice Irambona.
Le partnership strategiche tra l’UNHCR e le aziende del settore privato come Inkomoko hanno dimostrato il loro valore. Irambona vede la possibilità per un maggior numero di società del settore privato nella città di sostenere i rifugiati, definendola una situazione di “win-win” per tutti. “I rifugiati entrano nel paese con conoscenze, abilità e una cultura diversa che potrebbe costituire un valore aggiunto”, aggiunge Irambona.
A partire da ottobre 2018, il paese ha ospitato oltre 150.000 rifugiati, la maggior parte dei quali (79%) vive in sei campi in tutto il paese, mentre il resto vive in aree urbane. Ci sono circa 13.000 rifugiati registrati nei maggiori centri urbani come Kigali e Huye.
Circa il 60% dei 25,4 milioni di rifugiati nel mondo vive non negli insediamenti ma in città e aree urbane in America, Europa, Medio Oriente, Africa e Asia. Sindaci, autorità locali, imprese sociali e gruppi di cittadini sono in prima linea nella risposta globale ai rifugiati, promuovendo la coesione sociale e proteggendo e assistendo uomini, donne e bambini costretti alla fuga.
Kigali fa parte di una rete globale di comuni che scelgono di accogliere i rifugiati e le opportunità che essi offrono. Da San Paolo a Vienna, queste Città di Luce stanno dando speranza ai più vulnerabili del mondo offrendo rifugio e la possibilità di entrare a far parte del tessuto sociale.
A dicembre, l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati Filippo Grandi ha ospitato l’undicesimo evento di Dialogo dell’Alto Commissario (“High Commissioner’s Dialogue”) a Ginevra, quest’anno incentrato sul ruolo delle città nella protezione delle persone costrette alla fuga in realtà urbane.
Il governo del Ruanda, tramite il suo ministero incaricato della gestione delle emergenze (MINEMA), promuove l’integrazione dei rifugiati nelle aree urbane in vari modi.
“Il governo del Ruanda intende continuare a sostenere i rifugiati attraverso un’assistenza mirata che includa la loro inclusione socio-economica”, spiega Veneranda Ingabire, Senior Manager dell’unità Progetti speciali di MINEMA.
Tale assistenza è in linea con i quattro impegni presi dal presidente ruandese Paul Kagame durante il “Leader’s Summit on Refugees” del 2016 e con l’approccio globale e inclusivo adottato formalmente dal governo del Ruanda nel febbraio 2018, aggiunge Veneranda.
La strategia del governo include azioni pratiche come l’emissione di carte d’identità nazionali per i rifugiati, documenti di viaggio a lettura ottica, accesso all’assistenza di sussistenza, all’assicurazione sanitaria e all’istruzione.
“Siamo molto orgogliosi di aiutare i nostri fratelli e sorelle della Repubblica Democratica del Congo e del Burundi, poiché molti di noi sono stati rifugiati fino a non molto tempo fa”, dice Ingabire. “Continueremo a cercare soluzioni per migliorare la loro vita in Ruanda”.
Il sostegno che Annick ha ricevuto le ha permesso di provvedere a se stessa e prendersi cura della sua famiglia, e l’ha aiutata a sentirsi parte della sua città adottiva.
“Il vantaggio di essere in una città è che hai l’opportunità di lavorare”, dice. “Puoi trovare opportunità, darti da fare e creare la tua attività”.
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